domenica 31 ottobre 2010

Raccomandazione

Visitate l'archivio on line completo de LA STAMPA, per informarvi e per divertirvi.
Grazie e complimenti a chi ci ha lavorato.

sabato 30 ottobre 2010

venerdì 29 ottobre 2010

Bunga bunga

Gli americani sono dei quaccheri. Lì un presidente può fare bunga bunga con Marilyn Monroe o una stagista della Casa Bianca, ma se telefonasse all’Fbi per far rilasciare una minorenne arrestata per furto, oltretutto spacciandola per nipotina di Mubarak, sarebbe costretto a dimettersi alla velocità della luce. E se dicesse di averlo fatto perché è un uomo di buon cuore? Peggiorerebbe soltanto la situazione. L’abuso di potere, la sacralità della carica, bla-bla.

Che perbenismo triste, che formalismo ipocrita. E la Francia giacobina? Neanche a parlarne. Lì un presidente può tenere nascosta una figlia tutta la vita come Mitterrand o sposare una modella col birignao più appuntito delle caviglie, ma se telefonasse alla Gendarmerie per far rilasciare una minorenne arrestata per furto, oltretutto spacciandola per nipotina di Mubarak, sarebbe costretto a ritirarsi a vita privata. I francesi non hanno una storia alle spalle che consenta loro di apprezzare certi slanci liberali. Sapranno cucinare le omelette, ma la democrazia non gli è mai riuscita bene. I tedeschi, poi: luterani, gente fanatica. Lì un cancelliere non telefonerebbe al Polizeipräsidium neanche per far rilasciare la propria, di nipotina, altro che quella di Mubarak. Ecco, forse solo in Egitto, dove la democrazia affonda nei millenni (i famosi Faraoni della Libertà), il presidente telefonerebbe alla polizia per far rilasciare una minorenne arrestata per furto. Ma non la spaccerebbe per nipotina di Mubarak, essendo lui Mubarak. Semmai per nipotina di Berlusconi: esisterà, al riguardo, un accordo bilaterale?

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

giovedì 28 ottobre 2010

Tutti uguali, tutti peggiori

Ogni volta che vedete i roghi di Terzigno, prima di arrabbiarvi pensate a Vincenzo Cenname. Dopo vi arrabbierete molto di più. Cenname è un ingegnere ambientale, eletto sindaco di un Comune di duemila anime della provincia di Caserta, Camigliano. Alle spalle non ha né la destra né la sinistra, ma una laurea. Sulle spalle una testa. E dentro la testa un sogno: trasformare il suo borgo in una Svizzera col sole. Mette le luci a basso impatto energetico al cimitero e i pannolini lavabili all'asilo nido. Si inventa una moneta, l'eco-euro, spendibile solo in paese, con cui ricompensa i bambini che portano a scuola il vetro da riciclare. Giorno dopo giorno, senza alcun aumento dei costi, cattive abitudini inveterate si trasformano in comportamenti virtuosi, mentre la raccolta differenziata raggiunge percentuali scandinave.

E i luoghi comuni sul Sud immutabile e inemendabile? Rottamati dal sogno di un sindaco casertano che ha meno di quarant'anni. Ci si aspetterebbe la fila di notabili alla sua porta: la prego, ingegner Cenname, venga a insegnarci come si fa. Arriva invece una legge assurda che solo in Campania toglie ai Comuni la raccolta dei rifiuti per affidarla a un carrozzone provinciale. Il sindaco si ribella, sostenuto dall'intera popolazione, ma il prefetto segnala il suo caso al ministro Maroni. In dieci giorni il consiglio comunale viene sciolto e Cenname rottamato neanche fosse un mafioso. Da allora sono passati tre mesi, ma non lo sconforto per l'ottusità di uno Stato che per far rispettare una brutta legge ha sporcato quel po' di pulito che c'era.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

mercoledì 27 ottobre 2010

Ai posteri

Spiegare Silvio Berlusconi agli italiani è una perdita di tempo. Ciascuno di noi ha un'idea, raffinata in anni di indulgenza o idiosincrasia, e non la cambierà. Ogni italiano si ritiene depositario dell'interpretazione autentica: discuterla è inutile. Utile è invece provare a spiegare il personaggio ai posteri e, perché no?, agli stranieri. I primi non ci sono ancora, ma si chiederanno cos'è successo in Italia. I secondi non capiscono, e vorrebbero. Qualcosa del genere, infatti, potrebbe accadere anche a loro. Com'è possibile che Berlusconi - d'ora in poi, per brevità, B. - sia stato votato (1994), rivotato (2001), votato ancora (2008) e rischi di vincere anche le prossime elezioni? Qual è il segreto della sua longevità politica? Perché la maggioranza degli italiani lo ha appoggiato e/o sopportato per tanti anni? Non ne vede gli appetiti, i limiti e i metodi? Risposta: li vede eccome. Se B. ha dominato la vita pubblica italiana per quasi vent'anni, c'è un motivo. Anzi, ce ne sono dieci.

1) Fattore umano
Cosa pensa la maggioranza degli italiani? «Ci somiglia, è uno di noi». E chi non lo pensa, lo teme. B. vuole bene ai figli, parla della mamma, capisce di calcio, sa fare i soldi, ama le case nuove, detesta le regole, racconta le barzellette, dice le parolacce, adora le donne, le feste e la buona compagnia. È un uomo dalla memoria lunga capace di amnesie tattiche. È arrivato lontano alternando autostrade e scorciatoie. È un anticonformista consapevole dell'importanza del conformismo. Loda la Chiesa al mattino, i valori della famiglia al pomeriggio e la sera si porta a casa le ragazze. L'uomo è spettacolare, e riesce a farsi perdonare molto. Tanti italiani non si curano dei conflitti d'interesse (chi non ne ha?), dei guai giudiziari (meglio gli imputati dei magistrati), delle battute inopportune (è così spontaneo!). Promesse mancate, mezze verità, confusione tra ruolo pubblico e faccende private? C'è chi s'arrabbia e chi fa finta di niente. I secondi, apparentemente, sono più dei primi.

2) Fattore divino
B. ha capito che molti italiani applaudono la Chiesa per sentirsi meno colpevoli quando non vanno in chiesa, ignorano regolarmente sette comandamenti su dieci. La coerenza tra dichiarazioni e comportamenti non è una qualità che pretendiamo dai nostri leader. L'indignazione privata davanti all'incoerenza pubblica è il movente del voto in molte democrazie. Non in Italia. B. ha capito con chi ha a che fare: una nazione che, per evitare delusioni, non si fa illusioni. In Vaticano - non nelle parrocchie - si accontentano di una legislazione favorevole, e non si preoccupano dei cattivi esempi. Movimenti di ispirazione religiosa come Comunione e Liberazione preferiscono concentrarsi sui fini - futuri, quindi mutevoli e opinabili - invece che sui metodi utilizzati da amici e alleati. Per B. quest'impostazione escatologica è musica. Significa spostare il discorso dai comportamenti alle intenzioni.

3) Fattore Robinson
Ogni italiano si sente solo contro il mondo. Be', se non proprio contro il mondo, contro i vicini di casa. La sopravvivenza - personale, familiare, sociale, economica - è motivo di orgoglio e prova d'ingegno. Molto è stato scritto sull'individualismo nazionale, le sue risorse, i suoi limiti e le sue conseguenze. B. è partito da qui: prima ha costruito la sua fortuna, accreditandosi come un uomo che s'è fatto da sé; poi ha costruito sulla sfiducia verso ciò che è condiviso, sull'insofferenza verso le regole, sulla soddisfazione intima nel trovare una soluzione privata a un problema pubblico. In Italia non si chiede - insieme e con forza - un nuovo sistema fiscale, più giusto e più equo. Si aggira quello esistente. Ognuno di noi si sente un Robinson Crusoe, naufrago in una penisola affollata.

4) Fattore Truman
Quanti quotidiani si vendono ogni giorno in Italia, se escludiamo quelli sportivi? Cinque milioni. Quanti italiani entrano regolarmente in libreria? Cinque milioni. Quanti sono i visitatori dei siti d'informazione? Cinque milioni. Quanti seguono Sky Tg24 e Tg La7? Cinque milioni. Quanti guardano i programmi televisivi d'approfondimento in seconda serata? Cinque milioni, di ogni opinione politica. Il sospetto è che siano sempre gli stessi. Chiamiamolo Five Million Club. È importante? Certo, ma non decide le elezioni. La televisione - tutta, non solo i notiziari - resta fondamentale per i personaggi che crea, per i messaggi che lancia, per le suggestioni che lascia, per le cose che dice e soprattutto per quelle che tace. E chi possiede la Tv privata e controlla la Tv pubblica, in Italia? Come nel Truman Show, il capolavoro di Peter Weir, qualcuno ci ha aiutato a pensare.

5) Fattore Hoover
La Hoover, fondata nel 1908 a New Berlin, oggi Canton, Ohio (Usa), è la marca d'aspirapolveri per antonomasia, al punto da essere diventata un nome comune: in inglese, «passare l'aspirapolvere» si dice to hoover. I suoi rappresentanti (door-to-door salesmen) erano leggendari: tenaci, esperti, abili psicologi, collocatori implacabili della propria merce. B. possiede una capacità di seduzione commerciale che ha ereditato dalle precedenti professioni - edilizia, pubblicità, televisione - e ha applicato alla politica. La consapevolezza che il messaggio dev'essere semplice, gradevole e rassicurante. La convinzione che la ripetitività paga. La certezza che l'aspetto esteriore, in un Paese ossessionato dall'estetica, resta fondamentale (tra una bella figura e un buon comportamento, in Italia non c'è partita).

6) Fattore Zelig
Immedesimarsi negli interlocutori: una qualità necessaria a ogni politico. La capacità di trasformarsi in loro è più rara. Il desiderio di essere gradito ha insegnato a B. tecniche degne di Zelig, camaleontico protagonista del film di Woody Allen. Padre di famiglia coi figli (e le due mogli, finché è durata). Donnaiolo con le donne. Giovane tra i giovani. Saggio con gli anziani. Nottambulo tra i nottambuli. Lavoratore tra gli operai. Imprenditore tra gli imprenditori. Tifoso tra i tifosi. Milanista tra i milanisti. Milanese con i milanesi. Lombardo tra i lombardi. Italiano tra i meridionali. Napoletano tra i napoletani (con musica). Andasse a una partita di basket, potrebbe uscirne più alto.

7) Fattore harem
L'ossessione femminile, ben nota in azienda e poi nel mondo politico romano, è diventata di pubblico dominio nel 2009, dopo l'apparizione al compleanno della diciottenne Noemi Letizia e le testimonianze sulle feste a Villa Certosa e a Palazzo Grazioli. B. dapprima ha negato, poi ha abbozzato («Sono fedele? Frequentemente»), alla fine ha accettato la reputazione («Non sono un santo»). Le rivelazioni non l'hanno danneggiato: ha perso la moglie, ma non i voti. Molti italiani preferiscono l'autoindulgenza all'autodisciplina; e non negano che lui, in fondo, fa ciò che loro sognano. Non c'è solo l'aspetto erotico: la gioventù è contagiosa, lo sapevano anche nell'antica Grecia (dove veline e velini, però, ne approfittavano per imparare). Un collaboratore sessantenne, fedele della prima ora, descrive l'insofferenza di B. durante le lunghe riunioni: «È chiaro: teme che gli attacchiamo la vecchiaia».

8) Fattore Medici
La Signoria - insieme al Comune - è l'unica creazione politica originale degli italiani. Tutte le altre - dal feudalesimo alla monarchia, dal totalitarismo al federalismo fino alla democrazia parlamentare - sono importate (dalla Francia, dall'Inghilterra, dalla Germania, dalla Spagna o dagli Stati Uniti). In Italia mostrano sempre qualcosa di artificiale: dalla goffaggine del fascismo alla rassegnazione del Parlamento attuale. La Signoria risveglia, invece, automatismi antichi. L'atteggiamento di tanti italiani di oggi verso B. ricorda quello degli italiani di ieri verso il Signore: sappiamo che pensa alla sua gloria, alla sua famiglia e ai suoi interessi; speriamo pensi un po' anche a noi. «Dall'essere costretti a condurre vita tanto difficile», scriveva Giuseppe Prezzolini, «i Signori impararono a essere profondi osservatori degli uomini». Si dice che Cosimo de' Medici, fondatore della dinastia fiorentina, fosse circospetto e riuscisse a leggere il carattere di uno sconosciuto con uno sguardo. Anche B. è considerato un formidabile studioso degli uomini. Ai quali chiede di ammirarlo e non criticarlo; adularlo e non tradirlo; amarlo e non giudicarlo.

9) Fattore T.I.N.A.
T.I.N.A., There Is No Alternative. L'acronimo, coniato da Margaret Thatcher, spiega la condizione di molti elettori. L'alternativa di centrosinistra s'è rivelata poco appetitosa: coalizioni rissose, proposte vaghe, comportamenti ipocriti. L'ascendenza comunista del Partito democratico è indiscutibile, e B. non manca di farla presente. Il doppio, sospetto e simmetrico fallimento di Romano Prodi - eletto nel 1996 e 2006, silurato nel 1998 e 2008 - ha un suo garbo estetico, ma si è rivelato un'eredità pesante. Gli italiani sono realisti. Prima di scegliere ciò che ritengono giusto, prendono quello che sembra utile. Alcune iniziative di B. piacciono (o almeno dispiacciono meno dell'alternativa): abolizione dell'Ici sulla prima casa, contrasto all'immigrazione clandestina, lotta alla criminalità organizzata, riforma del codice della strada. Se queste iniziative si dimostrano un successo, molti media provvedono a ricordarlo. Se si rivelano un fallimento, c'è chi s'incarica di farlo dimenticare. Non solo: il centrodestra unito rassicura, almeno quanto il centrosinistra diviso irrita. Se l'unico modo per tenere insieme un'alleanza politica è possederla, B. ne ha presto calcolato il costo (economico, politico, nervoso). Senza conoscerlo, ha seguito il consiglio del presidente Lyndon B. Johnson il quale, parlando del direttore dell'Fbi J. Edgar Hoover, sbottò: «It's probably better to have him inside the tent pissing out, than outside the tent pissing in», probabilmente è meglio averlo dentro la tenda che piscia fuori, piuttosto di averlo fuori che piscia dentro. Così si spiega l'espulsione e il disprezzo verso Gianfranco Fini, cofondatore del Popolo della libertà. Nel 2010, dopo sedici anni, l'alleato ha osato uscire dalla tenda: e non è ben chiaro quali intenzioni abbia.

10) Fattore Palio
Conoscete il Palio di Siena? Vincerlo, per una contrada, è una gioia immensa. Ma esiste una gioia altrettanto grande: assistere alla sconfitta della contrada rivale. Funzionano così molte cose, in Italia: dalla geografia all'industria, dalla cultura all'amministrazione, dalle professioni allo sport (i tifosi della Lazio felici di perdere con l'Inter pur di evitare lo scudetto alla Roma). La politica non poteva fare eccezione: il tribalismo non è una tattica, è un istinto. Pur di tener fuori la sinistra, giudicata inaffidabile, molti italiani avrebbero votato il demonio. E B. sa essere diabolico. Ma il diavolo, diciamolo, ha un altro stile.

di Beppe Severgnini; CORRIERE DELLA SERA

venerdì 22 ottobre 2010

Avviso ai naviganti

Scrivo e "pubblico" articoli altrui soprattutto per confrontarmi con Voi.
Saremo pure quattro gatti, ma commentate!!!

A destra e a manca

Esistono ancora una destra e una sinistra? Da tempo (ormai tanto) si tratta di una questione annosa e dibattuta, oggetto delle risposte più varie da parte degli studiosi. Per rimanere dalle parti di casa nostra, Norberto Bobbio, come noto, mai avrebbe rinunciato alla distinzione tra i due campi politici, mentre Massimo Cacciari la ritiene una «geografia politica superata».

Quando dai cieli altissimi della teoria politica, passiamo però all'ambito delle prassi e dei comportamenti e a quello delle immagini (altrettanto importante del primo, visto che viviamo nell'età liquida), le barriere cadono, e di brutto.

Così, non sappiamo se la situazione sia eccellente, come avrebbe commentato il presidente Mao, ma, certo, grande è la confusione sotto il cielo. Basti guardare una foto che, in queste ore, ha fatto il giro del mondo, ed è stata pubblicata da vari quotidiani internazionali di prima fila, quella dell’italiana Licia Ronzulli che, nell’aula dell’Europarlamento, vota con marsupio e bambino al braccio. Un’immagine potente, di quelle che rimangono impresse nella memoria, e che, a voler richiamare dei precedenti pittorici illustri, ci rimanda quasi al Quarto Stato, il celeberrimo dipinto inizio secolo di Pellizza da Volpedo che illustrava la grande e irresistibile marcia del proletariato. E, infatti, la fotografia dell'on. Ronzulli, al lavoro con il figlioletto, mentre si vota una civilissima misura di sostegno alla maternità e alla paternità, si iscrive perfettamente nel solco iconografico delle conquiste femministe, e ci mostra la protagonista nelle potenziali vesti di una politica scandinava (dove situazioni come queste sono consuete).

Però... Sì, perché, c'è un però. Licia Ronzulli, a essere precisi, nulla c'entra con le sinistre di qualunque latitudine. È, invece, una deputata europea del Pdl e, come specificherebbero i giornalisti politici di lungo corso, una «berlusconiana» dell'inner circle, di quelle di più stretta consonanza col premier. Siamo allora di fronte a una specie di vero e proprio cortocircuito cognitivo (del resto, il mondo postmoderno è luogo, quanto altri mai, di paradossi di ogni genere). E, al tempo stesso, ci troviamo anche davanti al fatto che, nella civiltà delle immagini e dei consumi, tramontate le ideologie, e diventate molto più leggere le identità politiche (anche se non sempre e non in tutti i casi), i travasi di simboli e comportamenti (come pure di idee) da destra a sinistra, e ritorno, sono diventati molto più «naturali» e all'ordine del giorno. Tony Blair era un alfiere delle politiche di sicurezza «legge e ordine», David Cameron ha fatto dell’ecologia una delle sue bandiere (e anche Angela Merkel si proclama ambientalista). Clinton si era scoperto neocomunitarista, e non lesinava certo l'uso delle armi per ribadire il primato degli Stati Uniti, mentre Sarkozy ha insediato una commissione «per liberare l'economia dalla dipendenza dal Pil», affidandola a personaggi come Joseph Stiglitz, Amartya Sen e Jean-Paul Fitoussi. Che Guevara (oltre a essere un volto buono per vendere qualunque tipo di merce) rimane un’icona giovanile di sinistra, ma funziona molto anche per le inquietudini di certa destra, più o meno radicale. E, a proposito di destra in cerca di nuove strade, FareFuturo, la fondazione di Gianfranco Fini, ci sta abituando a passaggi e riappropriazioni di ogni genere (anche i più spericolati), Gramsci compreso. Per non dire del ministro Tremonti colbertista e «anti-global» o della rivoluzione liberale divenuta uno dei cavalli di battaglia di Massimo D’Alema. Ecco, dunque, che la foto di Licia Ronzulli rappresenta un’altra espressione del nostro, maggioritario, spirito dei tempi, il cui eroe è, non per caso, Barack Obama, fotogenico come una rockstar, e decisamente «oltre la destra e la sinistra».

Contaminazione, contaminazione, tutti la cercan, e in molti la trovano...

di Massimiliano Panarari; LA STAMPA

giovedì 21 ottobre 2010

Aggiungi un posto in banca

L’Unicredit si è impegnata con i sindacati a privilegiare le assunzioni dei figli dei dipendenti, purché la prole sia laureata e in grado di spiccicare un po’ d’inglese. Si tratta di un progresso formidabile: in tante altre aziende, e non solo bancarie, i figli prendono il posto dei padri anche se sono dei perfetti caproni (con tutto che si può essere perfetti caproni con una laurea e un paio di «how are you»). Il lavoro come diritto ereditario è uno dei cardini del nuovo medioevo e, oltre alla Casta dei politici, oggetto di esecrazione collettiva, ci sono cento, mille caste con l’iniziale minuscola, ma anch’esse con un mucchio di figli da sistemare. La mobilità sociale è uno splendido argomento di conversazione, come la meritocrazia. Ma appena ci si siede a trattare con il datore di lavoro, l’orizzonte etico si riduce precipitosamente al solito familismo amorale: mio figlio prima di tutti, anche di chi è più bravo di lui (dopotutto, chi sarà mai più bravo di mio figlio?).

Uno studente che non ha genitori in banca si starà probabilmente chiedendo il senso delle sue fatiche e se non gli convenga piuttosto intentare una causa di paternità a qualche dirigente dell’Unicredit. E chi il genitore in banca ce l’ha - e però magari desidera diventare carpentiere, flautista o costruttore di macchinine per i plastici di «Porta a Porta» - finirà per tarpare le ali alla sua vocazione perché il privilegio esercita un’attrazione fatale a cui soltanto i puri di cuore e di intelletto (altrimenti chiamati «matti») riescono a sottrarsi.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

martedì 19 ottobre 2010

Goccia dopo goccia

La libertà d’informazione è un bene fragile, come un’antica porcellana. Va in mille pezzi se la butti giù dal tavolo, e non c’è mastice che ti restituisca poi l’originale. Ecco perché abbiamo bisogno di tenere gli occhi aperti perfino sui dettagli. Specie quando sul dettaglio può inciampare un giornalista d’inchiesta, uno di quelli che vanno in prima linea, sotto il tiro delle artiglierie nemiche. Come Milena Gabanelli, come ahimè ben pochi altri suoi colleghi. È una forma di censura togliere alla Gabanelli la tutela legale della Rai? A prima vista no: nessuno minaccia di spegnere Report, né d’amputarne le parti più urticanti. D’altronde in Italia non c’è più il Minculpop, non c’è una propaganda di Stato come quella che il nazismo aveva affidato a Goebbels. La censura, quella tutt’oggi praticata dai regimi autoritari, è un’altra cosa; e il giornalista che la sfida sa che può rimetterci la vita. La Gabanelli, al massimo, ci rimetterà qualche quattrino. Tuttavia non esiste soltanto questa forma brutale di censura. Ce n’è una più obliqua e più indiretta, ma non meno efficace. Cade sulla propria vittima goccia a goccia, con un insieme d’azioni preordinate che hanno lo scopo di sfiancarla, oltre che d’intimidirla. Pressioni, ostacoli, ritardi burocratici, e ovviamente la leva finanziaria. L’arma perfetta, per i giornalisti non meno che per gli artisti.

Due secoli più tardi, rimane infatti più che mai eloquente il verso del poeta Béranger: «Io non vivo, che per scrivere dei canti; ma se voi, Monsignore, mi togliete il posto, scriverò dei canti per vivere».

Del resto nelle democrazie contemporanee l’ostracismo apertamente dichiarato può risolversi in un cattivo affare per i suoi mandanti. Finiscono per rimediarci una figura truce, mentre il censurato di turno si trasforma in martire, in eroe popolare. Guadagna tifosi, e magari trova un contratto più ricco altrove. Non è forse già successo dopo l’editto bulgaro di Silvio Berlusconi? Correva il 2002, e da Sofia il presidente del Consiglio pronunziò un diktat contro Biagi, Santoro e Luttazzi. Vennero immediatamente cancellati dai palinsesti Rai, ma dopo qualche anno (e qualche sentenza giudiziaria) i primi due ci hanno fatto ritorno passando sotto l’Arco di trionfo. Sarà per questo che nel frattempo i metodi si sono raffinati, sono diventati un po’ meno plateali. Come dimostra, per l’appunto, un rosario di episodi.

La Gabanelli, cui comunque già l’anno scorso il direttore generale Masi voleva togliere il patrocinio legale della Rai, senza riuscirci per l’opposizione di Zavoli, presidente della Vigilanza. Michele Santoro: programma a lungo in bilico, poi apre ma senza i contratti di Travaglio e Vauro, che da tre puntate lavorano a titolo gratuito; e per sovrapprezzo un provvedimento disciplinare. Serena Dandini: anche lei tenuta sulla corda, tanto che fino all’ultimo l’interessata non sapeva quante puntate le toccassero. Saviano e Fazio: altro programma ballerino, benché a novembre (salvo nuove giravolte) lo vedremo in onda. Senza dire di Paolo Ruffini, il direttore di Raitre cacciato e successivamente reintegrato per mano giudiziaria. È insomma il metodo della goccia cinese, che alla fine ti lascia un buco in fronte. Ma le torture, almeno quelle, sarebbero vietate.

di Michle Ainis; LA STAMPA

giovedì 14 ottobre 2010

Ivan alla rovescia

La telecamera di una stazione della metropolitana ha appena mostrato una scena stupefacente. Un uomo di mezza età dall’aspetto dimesso, riconducibile alla nota setta dei ragionieri, è stato sorpreso nell’atto di aiutare una signora a scendere dal treno. Le immagini non lasciano adito a dubbi: il ragioniere tende la mano e la donna, dopo un momento di comprensibile stupore, vi si appoggia con fiducia. I due si sono poi allontanati in direzioni opposte nell’indifferenza generale, ma non si dispera di poterli rintracciare: le indagini sono in corso, con un massiccio impiego di cockerini scampati alle ruote dei tassisti e di tassisti scampati ai padroni dei cockerini.

Tornando alla mano tesa del ragioniere, i contenitori televisivi del pomeriggio si interrogano sull’opportunità di mostrare un filmato di così forte impatto emotivo. Il pubblico potrebbe essere indotto a credere che l’umanità non abbia smarrito il seme della gentilezza e anche prestarsi a pericolose emulazioni. Tanto più che, con una concomitanza perlomeno sospetta, l’emittente locale Telebarbabietola ha diffuso lo spezzone agghiacciante di un giovane precario appassionato di calcio, Ivan il Sensibile, fermato all’ingresso dello stadio di Genova mentre tentava di introdurvi una cassa gigantesca, immediatamente sequestrata dalla polizia. Era piena di coriandoli: rossi, verdi, gialli, arancioni, addirittura blu. Ancora non è chiaro cosa intendesse fare Ivan con quelle briciole di carta fuori stagione: per precauzione, gli artificieri le hanno rovesciate su un asilo nido nei paraggi.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

martedì 12 ottobre 2010

Per tutte le vittime

Facciamola finita, ovunque e per sempre.
Almeno crediamoci.

Passaggio di consegne(?)

La Lega sguazza nella merda

Ci vuole il porto d’armi per i tassisti, urla la Lega, dopo che a Milano un membro della categoria è stato pestato a sangue da un gruppo di bulli (coperti dalla scandalosa omertà del quartiere) per aver preso sotto le ruote il cockerino senza guinzaglio di una loro conoscente. Ma immaginiamo che quel tassista fosse stato armato e avesse ucciso nella colluttazione uno dei bulli o la proprietaria del cockerino. Adesso qualcuno direbbe che i proprietari di cani hanno diritto di girare armati per difendersi dall’arroganza dei pirati della strada. Ma immaginiamo che la proprietaria del cockerino fosse stata armata e un passante avesse pestato la cacca del suo cane, arrabbiandosi come un bufalo, e la signora in preda alla concitazione del litigio avesse fatto fuoco. Adesso qualcuno direbbe che i passanti hanno diritto di girare armati. Ma immaginiamo che il passante fosse stato armato e avesse pestato la cacca di un alano: nel vedersi circondato dalla proprietaria del cane, dai bulli e dal tassista, avrebbe temuto che gli scatenassero contro il temibile molossoide. Preso dal panico, il passante avrebbe sparato, sbagliando completamente la mira e colpendo l’inquilino del prospiciente caseggiato, sportosi alla finestra per curiosare. Adesso qualcuno direbbe che tutti gli inquilini di tutte le case affacciate su qualche strada hanno diritto di girare armati. Ma immaginiamo che l’unico a essere armato fosse stato il cockerino. Armato di guinzaglio, intendo, come usa nei Paesi civili.

Forse ci saremmo risparmiati questa carneficina.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA


Smarrimento