Donald Van Vliet, alias Captain Beefheart, è morto ieri in California. Van Vliet era malato da tempo di sclerosi multipla. Con lui scompare uno dei grandi visionari del rock degli anni Sessanta e Settanta, compagno di strada di Frank Zappa, artista creativo e inimitabile, figura di riferimento per molti musicisti dei decenni successivi.
Per molto tempo Captain Beefheart è stato quasi un alter ego di Zappa, incarnando il lato più oscuro, istintivo e iconoclasta della controcultura freak. La sua stessa vicenda artistica e personale è strettamente legata negli anni Sessanta a quella del "genio" di Baltimora. Anch'egli cresce ai limiti del deserto di Mojave, manifestando sin dalla più giovane età una spiccata vocazione artistica, non solo musicale ma anche come pittore e scultore. Giovanissimo si trasferisce a Cucamonga dove Zappa aveva appena approntato il suo studio di registrazione e i due vengono così in contatto. Suonano insieme negli anni della gavetta, ma poi si separano per divergenze soprattutto caratteriali.
Van Vliet forma quindi la Magic Band e fa suo il vezzo dadaista di attribuire a ogni membro del gruppo un personaggio, un'identità, con un nome a esso collegato. Il leader è, così, Captain Beefheart, il chitarrista Jeff Cotton si trasforma in Antennae Jimmy Seemens e il batterista John French diventa Drumbo. La magic Band esegue un rhythm'n'blues musicalmente sporco e scalcinato su cui svetta la voce graffiante, allucinata e inquietante di Captain Beefheart, dotato di una estensione vocale di ben sette ottave e mezza. E' però il momento del beat di importazione britannica e il gruppo non riesce a trovare un discografico disposto a puntare su un sound talmente istintivo e viscerale da vedere nel torrido e malato blues del Delta di inizio secolo il proprio, più credibile, progenitore.
La Magic Band registra quell'anno due dischi che vedranno la luce solo alcuni anni dopo. Mirror Man, pubblicato nel '71, è registrato dal vivo e contiene quattro brani che vanno ben oltre il formato dei tre minuti richiesto dalle radio nel '65. Quattro lunghe allucinazioni sonore dove si mescolano in modo sporco ma affascinante blues, rhythm'n'blues, improvvisazioni free jazz, mentre la voce del leader, attraverso una continua emissione di urla, grugniti e rantoli, enuncia testi idioti. Si tratta di musica destinata all'emarginazione, così come resta ai margini, per scelta, la cultura freak e il suo rifiuto bohemien della civiltà dei consumi. Captain Beefheart non è dotato della consapevolezza intellettuale di Zappa, ma Mirror Man è sicuramente un affresco impressionista da brividi di ciò che era il messaggio freak.
Safe as Milk, che vede la luce nel '67, è il primo disco di studio della Magic Band e presenta connotati piuttosto diversi. I brani sono dodici e la loro durata viene riportata ai canonici tre minuti. Se il lavoro di studio lima certe vette di pura libertà espressiva e sperimentale di Mirror Man, la base è sempre quel blues scorticante caratterizzato da steel guitar sgangherate ma efficacissime, una batteria libera da vincoli e la solita voce "posseduta". Captain Beefheart carica ogni brano di un corredo di gag e umorismo parodistico che lo accomuna a Zappa.
Ma se Zappa è diventato nel frattempo una star, Captain Beefheart e il suo seguito di psicopatici vivono nel più completo isolamento artistico, sabotati persino dai loro discografici, i quali manipolano i master della band per coprire gli effetti più sconci e orripilanti. Ed è proprio Zappa che decide di offrire al vecchio compagno di strada l'occasione per incidere un disco nella più totale libertà artistica, senza limiti di tempo e di budget. Beefheart amplia così la band, inserisce una sezione di fiati e si cimenta egli stesso al clarinetto basso. Ne scaturisce nel '69 Trout Mask Replica, vera e propria antologia del caos. Doppio album, ventotto brani di breve durata nei quali si scatenano tutte le componenti caratteristiche dei dischi precedenti. Dal punto di vista strettamente musicale si tratta di anarchia pura, improvvisazioni disordinate e devastanti cui fanno da contraltare dei blues privi di accompagnamento in cui Beefheart dà tutto se stesso, sfoggiando il suo allucinante repertorio di urla e versi bestiali. Sono presenti tra un brano e l'altro i caratteristici siparietti chiacchierati, cui partecipa lo stesso Zappa, ma in Trout Mask Replica l'umorismo viene soppiantato da un delirio al limite della psicosi. E' la chiara, definitiva, forse disperata manifestazione di odio verso la inquadrata, ordinata, gerarchizzata società del benessere industriale che ha reso prigionieri anche i giovani.
La vicenda di Captain Beefheart continuerà sino alla metà degli anni Ottanta, tra improvvisi ammorbidimenti, legati al tentativo di diventare una star anche in termini di vendite, e susseguenti rigurgiti della sua potenza devastatrice. Quindi il ritiro dalle scene e la rinascita come pittore. La sua figura resta comunque fissata nella storia della Los Angeles dei freak come il complemento, in termini di follia, dell'opera di Frank Zappa, e come romantico e straordinario esempio di come si potesse coniugare in maniera assolutamente originale arte, libertà e rock.
di Ernesto Assante; la Repubblica
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