lunedì 31 gennaio 2011

L'hanno spenta

Vivere senza la tivù? Forse si può. E magari si vive pure meglio. A Offemont, nell’Est della Francia, sono convinti che spegnere lo schermo accenda la vita. E infatti da tre anni il Comune invita i suoi amministrati a dimenticare il telecomando per una settimana. Dopo il Comune denuclearizzato, arriva il Comune detelevisionato. E non vale dire che, visti cinque minuti della tivù francese, si rimpiange perfino quella italiana: l’idea è buona, la scommessa intrigante, un esperimento sociologico con gli abitanti del villaggio a fare da cavie umane.

Eroici davvero: Offemont non è Parigi, dove le serate senza tivù passano benissimo. Si tratta di un piccolo Comune della Franca Contea, 3.463 abitanti all’ultimo censimento, un villaggio dormitorio vicino a Belfort, nei pressi della Svizzera e, si suppone, altrettanto noioso. In effetti le attrazioni locali si possono riassumere in una parola sola: nessuna. C’è la solita Mairie megalomane (dalla sede comunale di ogni paesello francese si potrebbero amministrare intere regioni), la chiesa e, poco lontano, il parco naturale dei Vosgi. Parigi dista 362 chilometri in linea d’aria e molti di più come atmosfera. Una volta rimirati per bene i Vosgi, l’impressione è che non ci sia molto da fare, specie nelle notti d’inverno che qui è rigido assai. Insomma, la tivù pare proprio indispensabile.

Invece gli amministratori locali, che sono poi delle amministratrici perché la sindachessa si chiama Françoise Bouvier e l’assessora antitivù Brigitte Chevillat, sono invece convinti che gli «Offemontois», così si chiamano gli amministrati, debbano pigiare lo stop sul telecomando, togliersi le pantofole e uscire: «Tutti gli inverni, la gente si chiude in casa - spiega Chevillat -. La soluzione più facile è mettersi davanti alla televisione. Volevamo stimolare le coscienze, provare che esiste un altro mondo».

Detto fatto. Chevillat & co. hanno esposto all’ingresso del borgo un grande cartello disegnato come un piccolo schermo dove si annunciava la settimana senza tivù dal 23 al 30 gennaio. Hanno organizzato al centro polivalente una serie di attività dove c’era un po’ di tutto, dalle lezioni di cucina delle Antille al torneo di ping-pong, dal corso di tecnica circense al tè danzante, dal mercatino alla lettura delle favole. E hanno retto all’assalto dei giornalisti incuriositi da questi alieni capaci di sopravvivere senza la loro dose quotidiana di raggi catodici, in un Paese dove nel 2010 ogni francese ha passato davanti alla tivù in media 3 ore e 32 minuti al giorno, 7 di più che nel 2009 e 19 più del 2000. A Offemont, la settimana «no video» si è conclusa sabato con una cena antillese (oddio, allora forse sono meglio il Grande fratello e simili, che imperversano anche da questa parte delle Alpi), quindi ieri è stato il giorno dei bilanci. Li ha tirati il Parisien. Risultato: la popolazione ha retto, anche se la resistenza c’è stata e ha trovato il suo epicentro nel locale bar Sport dove cinque-schermi-cinque sono rimasti accesi in permanenza sulle partite di ogni possibile sport e soprattutto sulle corse dei cavalli, che in Francia imperversano su ogni canale e giornale. Però, a parte le solite mamme che ammettono di parcheggiare il pupo a lobotomizzarsi davanti allo schermo, la maggioranza dice di aver tenuto e la minoranza che non c’è l’ha fatta confessa di aver acceso con i sensi di colpa, di nascosto o per impellenti ragioni, tipo Svezia-Francia di pallamano, un’altra incomprensibile passione gallica. Per finire con una nota commovente: le due famiglie che hanno scoperto solo durante la cena comunale di essere vicine di casa. Prima, ognuno per sé e la tivù per tutti.

di Alberto Mattioli; LA STAMPA

venerdì 28 gennaio 2011

Che ci sarà di male?

Onestà

Un lanciatore di baseball della squadra di Kansas City aveva ancora un anno di contratto da 12 milioni di dollari, ma vi ha rinunciato perché stava giocando male: gli sembrava di rubare lo stipendio e si è ritirato. Il baseball stimola pensieri evoluti dai tempi di Charlie Brown. Cionondimeno immagino che in queste ore stuoli di medici si affollino al capezzale di Gil Meche per capire in quale punto esatto della nuca lo abbia colpito la pallina. Sento la voce del cinico: è un campione miliardario, sai che sacrificio! Ma il punto non è la rinuncia (e comunque 12 milioni sono un discreto bottino anche per un nababbo). E' la motivazione.

Non vi sfuggiranno gli effetti che un esempio simile potrebbe avere sugli equilibri del pianeta, in caso di propagazione del contagio. Se tutti i manager scarsi rifiutassero la liquidazione con cui vengono accompagnati alla porta dalle aziende che hanno impoverito con le loro scelte sciagurate. Se gli assunti demotivati, raccomandati e sopravvalutati (tre caratteristiche talora riscontrabili nella stessa persona) presentassero le dimissioni con queste parole: «Troverei giusto che la mia retribuzione andasse a quel precario che sgobba il triplo di me». Se insomma ogni uomo, in ogni circostanza della vita, si guardasse allo specchio con obiettività e ne traesse le conseguenze naturali, anziché sentirsi sempre un fenomeno incompreso e la vittima di qualche complotto, è evidente che il mondo cesserebbe di essere la simpatica schifezza che è. E, finalmente perfetto, si dissolverebbe nello spazio esibendo il cartello: missione compiuta.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

giovedì 13 gennaio 2011

Così va l'informazione

Et voilà

ROCK

Le riviste musicali di mezzo mondo annunciano la morte del rock. Dopo il romanzo e il cinema sarebbe deceduto anche lui per consunzione: fra le cento canzoni più vendute nella madrepatria Inghilterra, soltanto tre ospitano ancora chitarre arroventate e rollii di batteria. Per fortuna il rock, come il romanzo e il cinema, è già morto e risorto parecchie volte, e poiché di solito dà il meglio di sé quando i giovani sono arrabbiati con gli adulti, c’è da scommettere che produrrà presto nuovi capolavori.

Quando noi diciamo che qualcosa muore, in realtà sta solo cambiando il nostro modo di percepirlo. Il tempo. Che nel precedente evo tecnologico, quello dei telefoni a gettone e del duplex in casa, era composto di strisce lunghe e ininterrotte, durante le quali potevi assaporare senza distrazioni l’assolo dell’organista dei Pink Floyd in «Ummagumma» (12 minuti) o Maigret alla tv che ispezionava il luogo del delitto in una scena che non durava mai meno di un quarto d’ora. Telefonino e computer hanno frantumato le strisce del tempo: oggi sappiamo godere di più cose insieme, ma di nessuna troppo a lungo. Tutto ci distrae e subito dopo ci annoia. Una musica o una storia, per attirarci, devono essere brevi. Ma ciò che poi ce le fa dimenticare in fretta non è la brevità. È la mancanza di passione. Il rock è nato breve e passionale e quindi saprà rimodellarsi all’era moderna. Non date troppo ascolto ai becchini: il rock non morirà mai. Non fino a quando il piede di un sognatore batterà a ritmo con il suo cuore.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

martedì 11 gennaio 2011

Indubbiamente in dubbio

L'universale

Il nuovo partito dell’eterno Berlusconi potrebbe chiamarsi come una canzone di Mino Reitano: Italia. Bocciata «Magic Italy», che in effetti sembrava l’insegna di un motel, il sublime venditore di pacchi elettorali accarezza un’idea mai osata prima da nessun condottiero, neanche da Napoleone e Alessandro Magno nelle notti di pesantezza di stomaco: appropriarsi del logo della nazione. Una mossa geniale, secondo gli esperti di marketing. Una conseguenza logica, secondo lui, che di quel marchio - Italia - già possiede svariati beni immobili e non poche persone.

Come si chiameranno i suoi adepti? Italiani, e che gli altri si arrangino. Per i leghisti del Nord e i neoborbonici del Sud cambiare nome non sarebbe un problema, semmai un onore. Restano le minoranze: quelli che votano a sinistra nonostante la sinistra, quelli che votano Terzo Polo anche se non hanno ancora capito cos’è e quelli che non votano affatto, eppure sono nati in Italia esattamente come Cicchitto e Gasparri. In che modo ribattezzarli, nel momento in cui un partito, cioè una parte, assume su di sé la rappresentanza del tutto? Berlusconi una mezza proposta ce l’avrebbe: anti-italiani.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

On the highway

Gli Stati Uniti sono una terra di grandi distanze. Migliaia di chilometri di strade che attraversano deserti, pianure, canyon e montagne. Di solito per comodità e risparmio di tempo si percorrono in aereo. Ma c'è anche chi ama scoprire i territori, e si mette al volante, magari per il mitico coast su coast sulla Route 66. Ma i tempi sono lunghi, infiniti, anche grazie (o per colpa) dei limiti di velocità irrisori, almeno dal punto di vista italiano.

Che fare durante tutto il tempo trascorso incollati al sedile? Gli americani hanno pensato anche a questo dettaglio. Per intrattenere gli irriducibili della quattro ruote si sono inventati degli spot ad hoc: attrazioni on the road che rendono interessante e insolita la sosta. Ecco quindi dieci tra le migliori Roadside Attractions, alcune già inserite nella classifica stilata dalla Lonely Planet , altre scelte tra quelle segnalate dagli stessi automobilisti su siti come Waymarking

1 La città al centro del Mondo. Felicity in California merita di sicuro una sosta. Nella cittadina situata nel Deserto di Sonora, vicino al confine con l'Arizona e la California del Sud, c'è una piramide in stile egizio, una scala che ricorda la torre di Babele, una statua che raffigura il braccio di Dio teso verso l'Uomo (quello dell'affresco di Michelangelo della Cappella Sistina) e un disco di metallo con inciso "Centro ufficiale del Mondo". La sua storia? Niente di più semplice. Jacques-Andre Istel si è fatto riconoscere il diritto di definire "Centro del Mondo" un punto preciso nella sua proprietà (cosa peraltro confermata anche dal Institut Geographique National of France) e attorno ci ha costruito una cittadina: Felicity, dal nome della moglie Felicia Lee.

2 Taglialegna giganti e buoi blu. Un taglialegna gigante e il suo bue altrettanto enorme e blu. A noi dirà ben poco (a meno che non abbiate visto la puntata dei Simpson in cui Homer si trasforma in un colosso in camicia a quadri e ascia) ma negli Stati Uniti la storia di "Paul Bunyan e Babe the Blue Ox" è molto famosa. A seconda delle versioni della leggenda al Re dei Taglialegna sarebbe attribuita la creazione del Grand Canyon e dei Grandi Laghi tra Stati Uniti e Canada (un abbeveratoio adatto alla mole di Babe). Quasi la metà degli stati americani ha una sua statua per raffigurare il leggendario Paul, qui vi proponiamo le raffigurazioni giganti di Paul e Babe nella cittadina di Bemidji nel Minnesota. Costruite nel 1937 per aprire l'annuale parata di Carnevale sono rimaste ad attrarre gli automobilisti di passaggio fino ad oggi. Il taglialegna è alto 5 metri e mezzo, mentre il suo fido compagno è lungo 7 metri (dal naso alla coda)

3 Il ranch delle Cadillac. Quest'attrazione si trova sulla mitica Route 66. E proprio per onorare gli automobilisti di passaggio un eccentrico milionario di Amarillo (Texas) nel 1974 ha deciso di "piantare" a fari in giù 10 Cadillac, creando così una singolare attrazione: il Cadillac Ranch, appunto. Adesso i visitatori lasciano un segno della loro sosta firmando le auto o dipingendole con la vernice.

4 Palla di spago da guinness. Perché fermarsi a Darwin, una cittadina del Minnesota a quasi 100 chilometri da Minneapolis? Forse averla come meta di viaggio è un po' eccessivo, ma se vi trovate sulla US 12, l'autostrada del nord che collega Detroit con l'Oceano Pacifico, potrete concedervi una sosta per ammirare la più grande palla di spago del mondo costruita da una sola persona. Vista la grande concorrenza internazionale, è possibile che quella di Darwin non sia più la più grande, ma di sicuro è stata la prima, quindi vale la pena onorarla.

5 Teste presidenziali. Nel centro di Houston (Texas) precisamente in Summer Street c'è una sorta di Monte Rushmore, più piccolo ma più popolato. Nel parcheggio dello studio di David Adicker, un artista e scultore, è possibile ammirare i busti giganti dei presidenti degli Stati Uniti realizzati per essere esposti nei musei. L'area è aperta seguendo gli orari lavorativi dello studio, ma anche se i cancelli sono chiusi alcuni "testoni" di Bush e compagni sono visibili dalla strada

6 Il castello di corallo. Quando si è innamorati si dice di essere disposti a tutto pur di conquistare o far felice la persona amata. In questo caso non parliamo di centinaia di rose rosse o gigantesche scatole di cioccolatini, a Homestead in Florida (50 chilometri da Miami) siamo piuttosto di fronte ad un gesto in stile Taj Mahal. Come l'imperatore Shah Jahan fece costruire nel Seicento un palazzo-mausoleo in memoria della consorte, Ed Leedskalnin un immigrato lettone ha costruito un Castello di Corallo per il suo perduto amore. Da notare il verbo "ha costruito", perché in questo caso è stato proprio l'amante a scolpire pezzo dopo pezzo i due milioni di tonnellate di pietra corallina necessaria per realizzare il suo luogo incantano.

7 Lucy l'elefante. Nel 1881 a Margate (New Jersey), pochi chilometri a sud di Atlantic City, per attirare i potenziali acquirenti di terreni nella zona, è stato costruito uno strano collettore: un enorme e grigio pachiderma di legno alto quasi venti metri, noto come Lucy the Margate Elephant. Da allora è stato riconvertito in hotel, casa privata e in ristorante, ma adesso per evitare che si danneggi (è stato inserito nel Registro Nazionale dei luoghi storici), è diventato un luogo di visite guidate.

8 Museo degli Ufo. Secondo Fox Mulder "la verità è la fuori", invece a leggere lo slogan del Museo Internazionale degli Ufo di Roswell nel New Mexico, "la verità è qui". Questa cittadina è divenuta famosa nel 1947 dopo un misterioso schianto a cui l'esercito degli Stati Uniti ha riservato una particolare attenzione. La suggestione ha fatto il resto, trasformando l'incidente in un atterraggio alieno. E il museo contiene la cronostoria dell'evento, foto di avvistamenti e altre prove a supporto della tesi. Se vi capita di passare da quelle parti la prima settimana di luglio non perdetevi il Roswell Ufo Festival e ... ricordatevi il costume da vulcaniano.

9 Il giardino dell'Eden di pietra. Adamo ed Eva vi accolgono sorridenti sul cancello del Giardino dell'Eden, che per la cronaca non si trova in Mesopotamia ma a Lucas in Kansas. Questo insolito parco è l'opera di Samuel Dinsmoor, un insegnante in pensione che nel 1907 cominciò a installare enormi sculture in cemento e pietra calcarea seguendo la sua personalissima filosofia. Il giardino in questione è visibile dalla strada, ma se avete tempo potete entrare pagando un biglietto e vedere, oltre alle 150 statue che raccontano la storia del mondo a partire dalla sua creazione, le spoglie di Samuel in una bara con il coperchio di vetro.

10 AAA Bagagli smarriti cercasi. Nel centro di Scottsboro, una cittadina nel nord dell'Alabama non distante dal confine con la Georgia e il Tennessee, sulla Highway 279, si trova un centro commerciale molto particolare. Gli articoli in vendita non provengono infatti da una fabbrica, ma dagli aeroporti nazionali. L'Unclaimed Baggage Center è il luogo dove finisco tutti I bagagli perduti: se entro 90 giorni non vengono reclamati, le maggiori compagnie aeree del paese li spediscono proprio qui. Un luogo da sogno dove poter acquistare a prezzi vantaggiosi computer portatili, lettori mp3, fotocamere, maglioni e borse firmate.

di Lara Gusatto; la Repubblica