sabato 12 marzo 2011

La distruzione delle farfalle

Perfino la Torre di Tokyo non ha retto lo shock e si è piegata. La freccia di acciaio puntata verso il cielo adesso è un emblema triste della tecnologia sconfitta.
Con la Tokyo Tower si è piegata l'illusione di prevenire le catastrofi e proteggersi grazie alla ricchezza. Il mondo intero assiste sgomento alla sofferenza del paese più evoluto, più sofisticato nelle tecniche antisismiche e nella protezione civile. La Tokyo Tower, quell'antenna tv di 330 metri che manda i segnali della rete Nhk, non è solo la torre Eiffel dei giapponesi e la loro risposta all'Empire State Building. E' il simbolo di una nazione che "si piega ma non si spezza", che ha assorbito la tragedia unica nella storia umana di due olocausti nucleari. Da ieri il Giappone ha capito che non basta sapersi "piegare", la flessibilità delle nuove tecnologie di costruzione non lo ha salvato dalla tragedia. La modernità è sconfitta e molti abitanti della capitale d'istinto ieri sono fuggiti verso le piazze e i parchi antistanti il Palazzo imperiale: è l'unica zona di Tokyo dov'è proibito costruire grattacieli, e tutti gli edifici sono bassi. Per chiamare parenti e amici si sono gettati verso i vecchi telefoni a gettoni, i soli risparmiati dal grande black-out delle comunicazioni che per ore ha ammutolito i cellulari. Hanno dato l'assalto ai negozi di biciclette: il mezzo di trasporto più antico era l'unico a poterli riportare a casa, nel caos immane degli ingorghi stradali e della paralisi di treni e metro. Tutto ciò che il Giappone ha costruito di più avanzato, ieri era al collasso: come le centrali nucleari da cui dipende un terzo della sua energia elettrica. E' dovuta intervenire la US Air Force dalle basi militari americane per rifornirle d'urgenza con il "liquido refrigerante" dopo che i sistemi di raffreddamento del reattore atomico di Fukushima si erano guastati. "Emergenza nucleare", ha proclamato il governo, e un altro allarme si è aggiunto al sisma, nonostante i decenni di esercitazioni per garantire che le centrali atomiche giapponesi erano a prova di terremoto.

E' uno spettacolo a cui assiste sgomenta la superpotenza amica sull'altra sponda dell'oceano. L'America si è svegliata col terrore che lo tsunami travolgesse le Hawaii, poi la West Coast. Intere città della California sono state evacuate ma le onde gigantesche hanno fatto una vittima in mare a Crescent City, e danni in diverse zone costiere. Ma è soprattutto l'immagine del disastro giapponese seguito in diretta dagli americani col fiato sospeso, ad accentuare il senso d'impotenza. "Il Giappone ha le leggi antisismiche più rigorose del mondo - osserva il New York Times - lo stesso sisma in qualsiasi altra nazione del mondo, anche le più ricche, avrebbe già fatto decine di migliaia di morti in poche ore". Gli americani lo sanno, neppure la California ha investito tanto quanto il Giappone: nei grattacieli costruiti per "piegarsi e non spezzarsi" assorbendo l'impatto; nelle dighe costiere anti-tsunami; nei sensori digitali che collegano perfino le abitazioni individuali col più vasto sistema elettronica di allerta. Di certo avrà limitato il bilancio delle vittime, ma è pur sempre una tragedia. Quando prende la parola Barack Obama promettendo "tutti gli aiuti che il governo giapponese ci sta chiedendo", l'America sente che questa tragedia è un segno di vulnerabilità globale. E' un altro "cigno nero", uno di quegli eventi che gli statistici definiscono "a bassissima probabilità, e altissimo potenziale di danno".

Come la crisi dei mutui che precipitò il mondo nella recessione del 2008-2009. Di nuovo l'America teme che si addensi all'orizzonte una "tempesta perfetta". Il doppio shock terremoto-tsunami in Giappone è l'ultimo dei colpi all'economia globale che si sono susseguiti improvvisamente in poche settimane, oscurando un orizzonte che sembrava volgere al bello. Prima c'era stata l'onda delle rivoluzioni anti-autoritarie del mondo arabo, con il suo impatto collaterale sui prezzi petroliferi "che da solo è già una pesante tassa sulla crescita" secondo il banchiere centrale Ben Bernanke. Legato al caro-petrolio c'è il ritorno delle aspettative inflazioniste. Il più grande fondo obbligazionario mondiale, Pimco, ha venduto tutto il suo portafoglio di Buoni del Tesoro, talmente è certo che le banche centrali dovranno rialzare i tassi presto (in quel caso i vecchi Bot si deprezzano brutalmente). Poi è arrivata una sorpresa dalla Cina: le sue esportazioni sono cresciute solo del 2,4% negli ultimi dodici mesi. Si teme che la cura anti-inflazione della banca centrale cinese cominci a "mordere", ma se rallenta la locomotiva asiatica tutto il mondo ne sentirà le conseguenze. Il terzo shock simultaneo è venuto dall'agenzia di rating Moody's con il declassamento del debito sovrano della Spagna. "L'Europa torna ad essere una bomba a orologeria", è il commento di Desmond Lachman dell'American Enterprise Institute sul Washington Post.

L'ultimo shock è la calamità che mette in ginocchio il Giappone, terza economia del pianeta. Una catastrofe paradossalmente "amplificata" proprio dalla modernità e dalla ricchezza: perché il Giappone in quanto paese avanzatissimo è iper-assicurato (a differenza dell'Indonesia) e quindi i danni si ripercuotono immediatamente sui bilanci delle compagnie assicurative mondiali. Se il disastro di Kobe nel 1995 costò 100 miliardi, a 15 anni di distanza l'impatto non può che essere moltiplicato. Il "battito d'ali di farfalla dall'altra parte del pianeta che genera un uragano" non è un'immagine letteraria, è la teoria del caos che studiano i matematici. Tre, quattro farfalle in simultanea, possono piegare non solo la Torre di Tokyo ma un mondo senza pareti né compartimenti stagni, dove il contagio delle crisi viaggia alla velocità della luce.

di Federico Rampini; la Repubblica

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