Guai a tremare davanti a Bossi, che fa il lanzichenecco e tenta un nuovo sacco di Roma, agitando uno spadone di latta e una fifa blu (anzi verde) di non beccare più un voto neppure negli alpeggi più hard. Infischiarsene del leghista Salvini che fa il duro, e annuncia che l’Italia intera deve obbedire alla loro pretesa di spostare i ministeri da Roma, altrimenti... «Altrimenti c’arrabbiamo», dice il capetto lumbard, citando il titolo del celebre film di Bud Spencer e Terence Hill.
Replicare con una risatona, possibilmente farcita di alitate alla coda alla vaccinara o alla pajata, come quella che la Polverini ha fatto mangiare lo scorso anno al Senatur imboccandolo come un infante munito di cravatta verde al posto del bavaglino, di fronte a Calderoli che va in giro esponendo una targa di ottone con su scritto il nuovo indirizzo del ministero della semplificazione legislativa. Ossia il suo giochetto personale, a spese pubbliche, che da Roma dovrebbe finire in qualche sperduto caseggiato di Monza (e comunque non lo rimpiangeremo).
Ecco, occorre essere superiori e gradassi al cospetto delle sparate anti-romane dei lumbard. Perchè resta valido e sacrosanto quel grido che un bottegaio di via Cavour, anni fa, uscendo dal suo negozio e imbattendosi in una sfilata leghista per le vie dell’Urbe, lanciò contro i manifestanti: «Ao, quando voi vivevate ancora sugli alberi, noi quaggiù eravamo già gay!».
Replicare con una risatona, possibilmente farcita di alitate alla coda alla vaccinara o alla pajata, come quella che la Polverini ha fatto mangiare lo scorso anno al Senatur imboccandolo come un infante munito di cravatta verde al posto del bavaglino, di fronte a Calderoli che va in giro esponendo una targa di ottone con su scritto il nuovo indirizzo del ministero della semplificazione legislativa. Ossia il suo giochetto personale, a spese pubbliche, che da Roma dovrebbe finire in qualche sperduto caseggiato di Monza (e comunque non lo rimpiangeremo).
Ecco, occorre essere superiori e gradassi al cospetto delle sparate anti-romane dei lumbard. Perchè resta valido e sacrosanto quel grido che un bottegaio di via Cavour, anni fa, uscendo dal suo negozio e imbattendosi in una sfilata leghista per le vie dell’Urbe, lanciò contro i manifestanti: «Ao, quando voi vivevate ancora sugli alberi, noi quaggiù eravamo già gay!».
di Mario D'Ajello; Il Messaggero
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