lunedì 26 dicembre 2011

domenica 25 dicembre 2011

Regali di Natale

Conta il pensiero o è meglio il baratro?

Che scandalo

Minzolini, è proprio vero... c'è sempre da imparare.

Kim Jong-il

Il suo modernismo ci mancherà.

E' proprio un Bel Paese

Attenzione

Il Natale (non) ha senso

Un uomo, chiamato Mogo, credeva che il Natale non avesse alcun senso. Secondo lui, la sera del 24 dicembre era la più triste dell'anno.
Molte persone realizzavano quanto erano sole o ricordavano una persona cara morta nei mesi precedenti.
Mogo era un uomo buono. Aveva una famiglia; cercava di aiutare il suo prossimo ed era onesto negli affari. Eppure non riusciva a capacitarsi che la gente fosse così ingenua da credere che Dio fosse venuto sulla Terra solo per portare conforto al genere umano. Aveva saldi principi, quindi non si faceva scrupolo ad ammettere con chiunque che il Natale, oltre ad essere una festività più triste che felice, si basava su una storia irreale - un Dio che si fa uomo.
Come sempre, alla vigilia della celebrazione per la nascita di Cristo, sua moglie e i suoi figli si prepararono per andare in chiesa. E, come sempre, Mogo decise di lasciarli andare da soli, dicendo: "Sarebbe ipocrita da parte mia venire con voi. Aspetterò qui il vostro ritorno".
Quando la sua famiglia fu uscita, Mogo si sedette nella sua poltrona preferita, accese il fuoco e iniziò a leggere i giornali. Ma venne subito distratto da un suono alla finestra, seguito da un altro e un altro ancora.
Pensando che fosse qualcuno che tirava palle di neve, Mogo si mise il cappotto e uscì, sperando di cogliere di sorpresa l'intruso. Non appena aprì la porta, notò alcuni uccelli che avevano perso la strada per via della tempesta ed erano in mezzo alla neve tutti tremanti. Poiché avevano notato la casa riscaldata, avrvano cercato di entrare, ma si erano scontrati con il vetro, e con le ali ferite avrebbero dovuto aspettare di essere guariti prima di riprendere il volo.
"Non posso lasciare fuori queste creature," pensò Mogo. "Come posso aiutarle?".
L'uomo andò alla porta del suo garage, la aprì e accese la luce. Ma gli uccelli non si muovevano. "Avranno paura," rifletté Mogo.
Tornò in casa, prese delle briciole di pane e le sparse per terra per condurre gli uccelli nel garage. Ma la sua strategia fallì.
Mogo aprì le braccia e cercò di farli muovere gentilmente, spingendone con cautela prima uno e poi un altro, ma gli uccelli divennero ancora più nervosi e iniziarono a dibattersi, agitandosi in tutte le direzioni nella neve, sprecando la poca energia che gli era rimasta. Mogo non sapeva cos'altro fare. "Penserete che sono un essere terrificante", esclamò. "Non capite che di me vi potete fidare?".
Poi gridò disperato:"Se in questo istante potessi diventare un uccello anche solo per pochi minuti, vedreste che voglio davvero salvarvi!".
In quel momento le campane della chiesa suonarono, annunciando la mezzanotte. E uno degli uccelli divenne un angelo che chiese a Mogo:"Ora capisci perché Dio si è fatto uomo?".
Con gli occhi pieni di lacrime, Mogo si inginocchiò nella neve e rispose:"Perdonami, Angelo. Ora capisco che riusciamo a credere solo a chi è come noi e vive le stesse esperienze che viviamo noi".

di Paulo Coelho; da la Repubblica (24/12/2011)

Albert Einstein

"Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose".

Tra una cosa e l'altra

Buon Natale a tutti, belli e brutti!!!

Basta che ti muovi

Il mio amico Joe Maya, esperto in profezie terrorizzanti, si è licenziato ieri da Wall Street per aprire un’agenzia di sopravvivenza, «Occupy Yourself». Occupa te stesso. A volte è più difficile che occupare una piazza. Mi ha mandato l’opuscolo pubblicitario.

«Caro compagno d’avventura, sono orgoglioso di anticiparti che il 2012 ti romperà le scatole. Non potrai più fare quello che hai sempre fatto. Se vorrai sopravvivere, sarai costretto a cambiare. Ho preparato una griglia di incroci che la vita ti getterà fra i piedi nei prossimi mesi. Gli incroci non li hai decisi tu, e questo si chiama destino. Ma quale strada prendere a ogni svolta dipende solo da te. E questa si chiama libertà. Protesta o subisci. Non credo sia più tempo di scrollare le spalle. Se ti tirano uno schiaffo, passati pure una parola di perdono sulla ferita. Ma non avere paura di urlare il tuo dolore.

Accetta o rifiuta. Il mondo è cambiato. Se non sei un cinese o un indiano, probabilmente in peggio. Per provare a cambiarlo daccapo, prima devi prenderlo com’è. Conosci la favola dei due topolini che un giorno non trovarono la fetta di formaggio al solito posto? Uno solo morì di fame: quello che restò ad aspettarla. Scappa o rimani. Puoi cercare altrove (ti suggerisco l’Australia per il clima e il Brasile per la compagnia) oppure cercarti dentro di te. A volte le scoperte più importanti si trovano a chilometro zero. Però ogni tanto alza le chiappe dal computer e azzarda una passeggiata fra gli umani. I sentimenti sono fatti di odori che neppure Jobs era riuscito a mettere in scatola. Delega o agisci. I politici non ti odiano e non ti vogliono bene: semplicemente se ne infischiano di te. Puoi provare a cambiarli, ma ricorda che non c’è limite al peggio, come disse un mio amico prima di conoscere Scilipoti. Oppure puoi provare a ricambiarli. Infischiandotene di loro. La nuova politica è il progetto che farai tu, associandoti con i tuoi simili per un obiettivo comune.

Diffida o credi. Puoi credere che tutto sia un complotto contro di te. Oppure credere in te. (Berlusconi riesce a fare entrambe le cose, ma è un caso unico). La prima strada è più sicura: troverai sempre qualcuno disposto a fornirti le prove della congiura. La seconda è piena di spifferi. Una via per eletti. Ti piacerebbe essere eletto, per una volta? Arretra o evolvi. Arretrare ha i suoi vantaggi, specie se ti trovi a un passo dal baratro. Evolvere ha il suo fascino: la perdita delle sicurezze può farti vincere un rischio, oltre il quale ci sei tu in un modo che adesso non puoi neanche immaginare. Scegli: avanti o indietro. Basta che ti muovi.

Rimpiangi o ricostruisci. Il torcicollo emotivo ha un effetto calmante sui pessimisti. Altri preferiscono guardare oltre le macerie. Il trucco è ripartire da un sogno piccolo. Aiuta a combattere la sensazione di non contare nulla e di non poter cambiare mai nulla, neanche se stessi». Sui deliri di Joe Maya non mi pronuncio. Ma l’ultima frase la sottoscrivo: non sono gli schiaffi a svegliarci, ma i sogni. E poiché il prossimo anno di schiaffi ne arriveranno parecchi, auguro a tutti un risveglio pieno di sogni.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

Cosa è cambiato(?)

La crisi non esiste. La crisi esiste però non riguarda l’Italia, quindi nessuna manovra. Faremo la manovra, ce la chiede l’Europa, ma non metteremo le mani nelle tasche degli italiani. Le metteremo solo a chi guadagna oltre 75 mila euro. Cioè, oltre 150 mila. Gli anni della laurea non valgono più per il computo della pensione. Chi ha detto che non valgono più? Ma forse toglieremo la tredicesima agli statali. Calma, ho detto forse. I ticket del ristorante restano garantiti solo a chi lavora più di 8 ore. Non abbiamo intenzione di limitare i ticket. Piuttosto alzeremo la pensione a 65 anni dal 2027. Era già stata alzata? Ok, allora aboliremo i piccoli comuni, ma non le province. Aboliremo le province e ridurremo gli stipendi dei parlamentari immediatamente. Entro marzo una commissione proporrà di ridurre lo stipendio dei parlamentari.

Salve, siamo il nuovo governo. La crisi esiste, è sempre esistita, possibile che non ve ne siate accorti? Dovremo aumentare l’Irpef di 3 punti sopra i 75 mila euro. Ho detto 75 mila? Volevo dire 100 mila. Non toccheremo l’Irpef. Va riaperto il tema dell’energia nucleare, ma sia chiaro: non si riapre il tema dell’energia nucleare. Ridurremo i compensi dei politici. Non tocca al governo ridurre i compensi dei politici. Noi faremo subito le liberalizzazioni. Contiamo di fare presto le liberalizzazioni. Speriamo di fare un giorno le liberalizzazioni. Le frequenze tv all’asta? Non se n’è discusso. Metteremo all’asta le frequenze tv. L’articolo 18 non è intoccabile. Chi ha parlato di toccare l’articolo 18? Ah, bloccheremo le pensioni del ceto medio-basso. E quelle le blocchiamo davvero. E’ una questione di coerenza.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

Scommesse

Davvero un bel pensiero natalizio quello pronunciato ieri dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. Intervenendo alla presentazione del progetto «Regala un’opportunità, realizza un sogno» dell’associazione Hope, il leader di Futuro e Libertà ha detto: «Oggi ci sono tanti motivi per i giovani di essere preoccupati, ma la politica deve aumentare gli sforzi perché scommettere sui giovani significa avere fiducia nel futuro del nostro paese». Certo, se poi scommetti su Bocchino devi almeno rivolgerti a Doni.

di Mattia Feltri; LA STAMPA

Scelte di ripiego

Ricordate Alberto Tedesco? E’ un senatore pugliese. Già del Pd, oggi nel gruppo misto. Dal Pd è uscito lo stesso giorno in cui Alfonso Papa finiva in galera. Tedesco fu invece salvato dal voto del Pdl e della Lega mentre il suo partito votava per la concessione della custodia cautelare. I magistrati baresi hanno di nuovo avanzato la richiesta che verrà discussa a gennaio, alla ripresa dei lavori. Non si sa come andrà a finire. Certo, potrebbe essere l’unico modo che questo Parlamento ha per far la voce grossa con un Tedesco.
di Mattia Feltri; LA STAMPA

Diritto di permuta

Già da tempo Gianfranco Fini non è più fascista. Già da meno tempo, ma non è più nemmeno berlusconiano. Non pensa più che Benito Mussolini sia il maggior statista italiano del Novecento. Non vuole più impedire ai gay di insegnare a scuola. Anzi, sui temi sociali e bioetici non ha più le idee conservatrici della destra italiana. Da ieri non è più nemmeno per il bipolarismo. E non è più nemmeno per il presidenzialismo. Nessuna ironia: Fini ha sempre rivendicato il diritto di permutare idea.

di Mattia Feltri; LA STAMPA

giovedì 15 dicembre 2011

Con classe... ma sempre lì in quel posto

Però, che bello, non si litiga più. Addio a quelle chiassose sedute parlamentari coi deputati che si danno dei farabutti a vicenda, e pure nelle trasmissioni televisive sono graditi soltanto ospiti seri e riflessivi. Addio ai pugni battuti sul tavolo, addio agli occhi fuori dalle orbite, addio alle vene del collo gonfie, addio al quotidiano furoreggiare. Nessuno che strilli, e lo ha spiegato bene il ministro Andrea Riccardi: «È finito il bipolarismo urlato». A proposito, vedete come ci aumentano le tasse, zitti zitti?

di Mattia Feltri; LA STAMPA

W la bandana

In Italia il modo più sicuro di non fare una cosa è istituire una commissione. Quando l’estate scorsa cominciarono le operazioni di tosatura della cittadinanza, il governo Bandana intuì che bisognava offrire un sedativo alle pecorelle smagrite. Non la riduzione immediata dello stipendio dei politici (e che, siamo matti?) ma la promessa di tagli futuri. Per uniformare l’onorevole paga ai livelli europei sarebbero bastati cinque minuti: il tempo di consultare le tabelle preparate dagli uffici della Camera. Perciò si ritenne molto più utile affidare l’arduo compito a un consesso di esperti guidato dal presidente dell’Istat.

In quattro mesi la commissione Giovannini si è riunita tre volte. La prima volta per stilare una lista dei parlamenti europei a cui ispirarsi. La seconda per affidare l’indagine conoscitiva alle ambasciate italiane, anziché a un bimbo di 6 anni che avrebbe trovato i dati su Internet in un clic. La terza, si legge sul sito del governo, per un «report sullo stato di avanzamento delle attività»: immagino che ogni ambasciatore dovrà intervistare personalmente tutti i deputati del Paese in cui abita, chiedendo loro la dichiarazione dei redditi e gli scontrini del ristorante.

Nel frattempo l’euro andava a rotoli, lo spread si impennava, il governo Bandana cedeva al governo Loden, le tasse salivano, le pensioni scendevano e i cittadini si imbufalivano. Insensibile a questi accidenti della vita, la commissione proseguiva inesorabile. Il suo responso, atteso per marzo, potrebbe persino essere anticipato a gennaio. Non si sa ancora di quale anno.
di Massimo Gramellini; LA STAMPA

The protester

L’umano dell’anno, secondo il settimanale americano «Time», non è un personaggio, ma una persona. «The protester»: il manifestante anonimo che ha riempito le piazze arabe per chiedere libertà, l’indignato altrettanto anonimo che ha occupato quelle occidentali per denunciare la deriva finanziaria del capitalismo.

Le contestazioni del 2011 sono accomunate dall’assenza di guide carismatiche e dall’esaurirsi del fascino della leadership, alimentato dai media che hanno bisogno di divorare continuamente delle icone. Fino alla grande illusione di Obama abbiamo creduto che il cambiamento passasse attraverso la scelta di un capo carismatico in possesso di una biografia emozionante. Come capita negli innamoramenti, abbiamo imprestato alla persona amata i nostri sogni e le nostre ansie, salvo rimanere delusi dal divario inevitabile fra aspettative e realtà. Perché nessun leader può modificare la corrente del mondo. Al massimo può cavalcarla. Mentre le società cambiano quando si solleva un’onda nuova che risponde a un sentimento collettivo. Quando gli ideali prevalgono sulle facce che li incarnano e gli umani smettono per un istante di delegare ai pochi il compito di padroneggiare il destino di tutti.
di Massimo Gramellini; LA STAMPA

martedì 13 dicembre 2011

Low Flying Bird

“Tanto non cambierà mai niente”: Noel Gallagher ha criticato apertamente il movimento Occupy Wall Street. Il successo sorprendente di Occupy degli ultimi mesi ha stupito non pochi osservatori: partito come una protesta improvvisata contro il sistema bancario, Occupy è diventato un movimento globale, con accampamenti in tutto il mondo. La gran parte dei musicisti ha appoggiato apertamente i motivi della protesta, da Sean Lennon a Rufus Wainwright, alcuni di loro si sono esibiti anche a Zuccotti park, sede storica della protesta. Ma Noel, intervistato di recente da Rolling Stone, ha tutt’altra opinione in merito.

“Non conosco il movimento di Occupy Wall Street, queste contestazioni non hanno mai cambiato niente. Cosa pensano di fare, abbattere il superpotere del sistema bancario? Cosa succederebbe poi? Anarchia! Mi dispiace, ma l’unico posto al mondo in cui non ci sarà mai l’anarchia sono i cazzo di Stati Uniti d’America”.

da RollingStone

Sadomasochismo

Retorica dell'antiretorica

Al di là di tutto, come cazzo è possibile morire montando un fottutissimo palco per un concerto e come può succedere che un coglione spari all'impazzata sui primi poveracci che ha sotto tiro?

Purtroppo sappiamo che non è la prima volta che succedono cose del genere, ma speriamo sempre che sia l'ultima senza fare mai nulla perché ciò avvenga.

CasaPound

Gli estremisti stanno tornando di moda? http://firenze.repubblica.it/cronaca/2011/12/13/news/colpi_di_pistola_in_piazza_dalmazia-26530382/?ref=HREA-1

venerdì 9 dicembre 2011

Nessuno tocchi i caini

Riformati? Sì. Ma sempre privilegiati. Ecco la lezione che arriva dal Parlamento costretto, sotto la spinta dei sacrifici imposti dal presidente del Consiglio Mario Monti, a rivedere i trattamenti pensionistici di assoluto vantaggio che deputati e senatori si sono sempre riservati con i loro ricchi vitalizi. Per riscuotere la pensione, a partire dal prossimo gennaio tutti i lavoratori dovranno raggiungere almeno 42 anni di contribuzione. Per le eccellenze parlamentari, invece, nonostante i "tagli" annunciati dai presidenti di Camera e Senato Gianfranco Fini e Renato Schifani per "mettersi in linea con il resto dei cittadini", continueranno ad essere sufficienti 5 anni di permanenza sugli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama.

Vero che la pensione riformata (con il regime contributivo annunciato) non sarà più quella ricchissima elargita con il sistema in corso e che viene calcolata a seconda delle legislature collezionate in quantità che variano dal 25 all'80 per cento dell'indennnità (oltre 11 mila euro mensili), ma potranno consolarsi con il limite di età più favorevole fissato per riscuoterla. Se a tutti i cittadini verranno richiesti 66 anni, ai parlamentari ne basteranno solo 60, meno quelli - e sono minoranza- che avendo una sola legislatura alle spalle dovranno arrivare fino a 65. Unica consolazione per i lavoratori che dal 2012 saranno costretti a rinviare anche di sei anni la riscossione dell'assegno pensionistico, il dispiacere imposto dalla "riformetta" di Fini e Schifani a una piccola schiera di parlamentari (vedi scheda) che dalle prossime settimane, grazie alle privilegiatissime norme che consentivano agli eletti prima del 2001 di incassare pensioni-baby anche a 50 anni, saranno costretti a rimandare l'appuntamento. Come l'ex verde Paolo Cento, l'ex presidente della Camera Irene Pivetti, il democratico Emilio Del Bono (ora consigliere comunale a Brescia), più i leghisti Andrea Gibelli (attuale vicepresidente e assessore della Regione Lombardia), Edouard Ballaman e Oreste Rossi. Pure loro dovranno aspettare i 60 anni. Roma ladrona.

di Primo De Nicola; l'Espresso

A volte ritornano

Salvata l’Italia bisognerà salvare gli italiani.

di Jena; LA STAMPA

Senza bicchiere

Metodo Petrolini

La manovracadabra dei bocconiani stimola alcuni punti interrogativi poco sobri, di cui mi scuso anticipatamente.
Quante lauree in originalità economica bisogna prendere per avere l’ideona di tappare i buchi dello Stato aumentando la benzina?
Perché in tutto il mondo i diritti televisivi costano miliardi, mentre in Italia le frequenze sono come i biglietti dei vip: omaggio?
A quale titolo il bar di un oratorio continua a non pagare l'Ici? Forse distribuisce cocacola santa?
Come mai neppure i bocconiani ci permetteranno di scaricare la fattura dell’idraulico, affinché noi ci si senta finalmente motivati a pretenderla?
La vecchina che va nella sede più vicina del sindacato a lamentarsi che le hanno congelato la pensione e raddoppiato l'imposta sulla casa, è al corrente che per quella sede il sindacato non paga un euro d’Ici?
L’Europa ci ha chiesto di alzare l’età pensionabile e noi lo abbiamo fatto. Però l’Europa ci ha anche chiesto di ridurre i privilegi di tutte le caste: perché non lo abbiamo fatto?
Un tetto di 5000 euro alle pensioni d’oro di politici e alti funzionari pubblici quante pensioni di piombo avrebbe permesso di salvare?
Com’è che diceva il padre di tutti i fiorelli, Ettore Petrolini?
Ecco, qui almeno ho la risposta: «Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti».
di Massimo Gramellini; LA STAMPA

Il gambero

Contrariamente alle previsioni più cupe, «Porta a porta» non è riuscita a trasformare Monti in un guitto e neanche in un plastico. È stato Monti a trasformare Vespa in colui che era prima delle infatuazioni barbariche: un giornalista democristiano. Davanti all’esordiente seduto sulla poltrona dei famosi, l’intervistatore non era in piedi né in ginocchio, ma mollemente arcuato come ai tempi di Andreotti e Forlani. Solo che stavolta davanti a lui non c’era un democristiano italiano, ma uno tedesco. Quindi cattivissimo e capace di punte di autentica crudeltà. Appena Vespa lo ha ringraziato per aver scelto la sua trasmissione, ha risposto: «Io non sono qui per far piacere a lei». E quando il frequentatore di caste romane ha alluso a se stesso con l’espressione «noi uomini della strada» (l’unica battuta della serata) e chiesto delucidazioni sulle aliquote più alte, Monti lo ha subito restituito alla sua condizione di privilegiato: «Vedo che lei è abituato a ragionare di queste cifre».

Onore alla perfidia di Monti, ma anche ai riflessi di Vespa: mentre i comici sono rimasti fermi a Berlusconi, lui è già tornato a Tribuna Politica. Simbolo di un Paese immobile che quando decide di cambiare va indietro.
di Massimo Gramellini; LA STAMPA

lunedì 5 dicembre 2011

I patrimoni

È razionale tassare di più, molto di più, la casa, come misura principale di riequilibrio del bilancio. E’ razionale destinare una parte del ricavato a ridurre l’Irap. Si aggiunge una riforma delle pensioni ben congegnata, che potrebbe essere definitiva. Nuove liberalizzazioni potrebbero aprire spazi alla crescita economica ed abbassare costi e prezzi.

Scompaiono parecchi enti inutili. In molti dei casi si tratta di decisioni sollecitate da anni.

Tutto questo può piacere o non piacere, ma ha un disegno. L’equità di fondo è data appunto dal concentrare sui patrimoni, immobiliari e in parte anche finanziari, il pesante aggravio di imposte che la situazione di emergenza richiede e che purtroppo non poteva essere evitato. L’Italia è appunto ricca nel patrimonio rispetto ad altri Paesi anche più ricchi nel reddito; in più, i patrimoni sono distribuiti in modo più diseguale dei redditi.

Dunque tassare di più la casa, pur se colpisce l’80% delle famiglie, è più pesante per i ricchi. Sarebbe meglio commisurare l’imposta ai valori di mercato piuttosto che alle fittizie e per di più invecchiate rendite catastali, ma non c’è il tempo, perché il fisco non li conosce. L’adeguamento delle rendite alla realtà di oggi, che parecchi grandi Comuni avevano già a buon punto, è stato interrotto tre anni e mezzo fa dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa.

In teoria, secondo la teoria degli economisti, sarebbe stato meglio puntare di più sui tagli alle spese. Purtroppo quando si opera con tempi di emergenza ridurre le spese risulta più difficile, come ha fatto presente ieri sera per lunga esperienza il ministro Piero Giarda. Inoltre, occorreva più che altro assicurare l’efficacia delle riduzioni di spese decise dal precedente governo, non tutte dettagliate e non tutte sicuramente praticabili.

La misura a più robusto effetto sulla crescita dovrebbe essere lo sgravio dell’Irap nella parte che incide sul costo del lavoro. Le imprese la reclamavano da anni, e ha un costo notevole. Certo, comporta il rischio di rimpinguare i profitti, piuttosto che di muovere nuovi investimenti. Funzionerà se l’insieme della manovra risulterà credibile e ridarà fiducia sia in Italia sia all’estero nelle prospettive della nostra economia.

Se si vuole criticare il maxi-decreto di ieri sera, è facile sostenere che avrà un effetto recessivo. Nell’immediato, sottrarre 20 miliardi netti di euro non può che deprimere l’economia. Tuttavia, incidere molto sui patrimoni e detassare le imprese è una delle combinazioni meno peggiori; occorre che vi si accompagni un forte recupero di evasione fiscale. Ieri sera il presidente del consiglio ha detto che i provvedimenti presi sono «piuttosto incisivi», però mancano ancora sufficienti dettagli.

Ad esempio non sarebbe stato assurdo fissare a 500 euro, invece che a 1.000, il limite della tracciabilità dei pagamenti. Dentro l’attuale governo vi sono tutte le capacità tecniche per agire in modo deciso contro chi froda il fisco. Sarà essenziale provarlo, quando da oggi in poi si sentirà affermare da più parti che nulla cambia, perché pagano sempre i soliti: secondo alcuni i lavoratori, secondo altri i ceti medi, secondo altri ancora i poveri.

Nella situazione in cui ci troviamo, qualche sacrificio lo devono fare tutti. Nessuno, potrebbe riuscire a ricavare 20 miliardi di euro soltanto dai «ricchi». Un governo tecnico serve proprio a non subire quei ricatti dei pochi sui molti, ovvero delle lobby capaci di minacciare compatte un cambio di scelta elettorale, che normalmente paralizzano i partiti politici. Per questo motivo è essenziale che la gran parte dei cittadini venga persuasa.
di Stefano Lepri; LA STAMPA

Sacrifici

Ci sono momenti in cui scontentare tutti è un dovere e certamente questo, in Italia, è uno di quei momenti. Il bivio davanti al quale si trova il nostro Paese non ammette vie diversive, né incertezze. Lo testimonia il tono drammatico con il quale il premier lo ha indicato.

Il messaggio di Monti segna l’atterraggio dal mondo delle illusioni e delle favole nel quale abbiamo vissuto, per troppo tempo, a quello di una realtà, per troppo tempo, nascosta e ignorata. La irrituale commozione per la quale il ministro del lavoro e della previdenza, Elsa Fornero, ha dovuto interrompere l’esposizione della riforma pensionistica è stata l’immagine più efficace di quella «catastrofe», evocata ieri, al limite della quale ci troviamo.

Un atterraggio, dunque, brusco e doloroso, ma inevitabile. Per questo, suonano particolarmente insopportabili le demagogiche proteste di chi fino a ieri è stato corresponsabile di una situazione che ci ha portato sull’orlo del dissesto. Ma anche la stessa esigenza di non distaccarsi dal reale, dovrebbe consigliare alcuni critici di verificare la concreta praticabilità di molte ricette alternative, magari anche brillanti, che in questi giorni sono state suggerite al governo Monti.

Le durissime misure approvate ieri scontano il limite, appunto, di concretezza e di urgenza. Nei prossimi giorni gli italiani si eserciteranno nel calcolo sull’equità dei sacrifici richiesti, con la solita bilancia che vede nel piatto del vicino il peso sempre più leggero. Sarà un esame interminabile e, inevitabilmente, opinabile, in cui le corporazioni degli interessi che, da decenni, imprigionano il nostro Paese si scateneranno in una forsennata gara di egoismo sociale.

Questo annunciato carosello di proteste intrecciate metterà a rischio, purtroppo, il vero giudizio che le Camere e i cittadini dovrebbero emettere sui provvedimenti governativi. Quello che risponde alla fondamentale domanda: le misure approvate ieri quanto garantiscono che, nei prossimi anni, non ne saranno necessarie altre, più o meno, dello stesso tenore e delle stesse proporzioni? Rispetto a quelle che ritualmente siamo stati costretti a sopportare negli ultimi decenni e che, evidentemente, o non sono state sufficienti o sono state sbagliate, come si differenziano?

«Le tasse sono bellissime». Con questa frase, il compianto ex ministro Tommaso Padoa-Schioppa scandalizzò provocatoriamente l’Italia. Eppure, quella frase coglieva il vero nocciolo della nostra «questione fiscale»: il sentimento di ingiustizia che rende così odioso il dovere di contribuire alle spese dello Stato. Per due motivi: l’eccezionale livello dell’evasione che tocca oltre un quarto dei cittadini e gli scandalosi privilegi di una classe politica pletorica, sia a livello centrale, sia a livello locale.

Ecco perché più che addentrarsi nel vaglio certosino di una equità che evidentemente deve fare i conti con i numeri, per cui i sacrifici non possono essere riservati solo ai ricchi, ma anche al ceto medio e alla grande maggioranza degli italiani, è meglio concentrare l’attenzione sulla presenza o meno di una «qualità» diversa dei provvedimenti governativi. Se abbiano, e quanto lo abbiano, caratteristiche tali da modificare la struttura del bilancio dello Stato e dei criteri con cui finora il prelievo fiscale ha colpito meno i patrimoni e più il reddito.

Alla luce di questo metodo, il giudizio sulla manovra varata ieri, nelle prossime settimane, dovrà verificare l’efficacia della svolta annunciata nella lotta all’evasione e nella riduzione del peso dei cosiddetti «costi della politica» sulle spalle degli italiani. Non tanto e non solo per l’entità delle cifre recuperabili se venisse ridotta la quota degli italiani che sfuggono al dovere civico di pagare le tasse, anche se potrebbero essere non trascurabili, quanto per il segnale di moralità pubblica che potrebbe rendere più accettabili i sacrifici annunciati. Stesso significato, anzi ancora più accentuato, dovrebbe essere attribuito al taglio dei privilegi e delle spese per mantenere la nostra classe politica.

E’ giusto non chiedere «miracoli» a un governo che può contare su una maggioranza parlamentare così eterogenea e del tutto priva di una sua rappresentanza nei vari dicasteri. È anche comprensibile che la distribuzione dei sacrifici debba tenere conto della somma degli interessi tutelati dai partiti che lo sostengono. Ma alla «diversità» di un governo tecnico deve necessariamente corrispondere la «diversità» di interventi che diano l’immagine di una «svolta» nella politica italiana. Ieri la conferenza stampa di Monti e dei suoi ministri l’ha promessa. Solo se sarà mantenuta, l’Italia sarà salvata.
di Luigi La Spina; LA STAMPA

domenica 4 dicembre 2011

La luna di miele

Non si sa mai che abbiano in testa Mario Monti e i suoi. Come diceva Nanni Moretti, vedono gente, fanno cose. Si è capito che riformeranno le pensioni, tasseranno le prime case in base al reddito, bastoneranno le seconde e le terze, aumenteranno l’Iva... Ma con precisione non si sa, perché si sono dati la regola di non dire niente ai giornalisti. Non durerà in eterno. Da lunedì - ha detto il ministro Andrea Riccardi «si comincerà a parlare di più». Questo è certo. Cose tipo «aiuto!», «pietà!», «nooo...», «aaaarggghhh...».

di Mattia Feltri; LA STAMPA