La domenica dell’Antismog Padano non darà gran refrigerio al polmone di indigeni e trasferiti, ma essere e dichiararsi contrario è «scuoprirsi con le arme» dalla parte di chi gli è nemico.
Per dirsi d’accordo bisogna nascondersene mentalmente i limiti. Cautele, scappatoie, concessioni, penuria di orario, rifiuti di parteciparvi, sono smog di parole che offuscano l’ipotesi Salute. Un certo effetto certamente lo produrrà, benefico anche per chi dimostra di non meritarlo; ma in special modo costituirà, al di fuori della banalizzazione statistica, una prova squisita dell’essere cittadini di una democrazia moderna, in cui l’Ambiente in pericolo condiziona per tre quarti, oggi, la cittadinità di ciascun essere cosciente di come si vive e si vivrà - fatalmente. Perché il Rimedio non c’è e la volontà di applicare i parziali è profondità di assenza.
La patria ce l’hanno tolta: il suo surrogato è l’Internazionale del pallone. La globalizzazione inghiotte sistemi economici millenari e ha minato, stravolgendolo, il credito bancario; tutti investono da Paese dei Ciechi.
E l’aria dell’uomo respirante ha una nuova versione simbolica nel celebre Incubo di Füssli: un enorme Equino che schiaccia con il suo groppone una figura sdraiata: vedici tangenziali, Via Larga, Sforzesco, Tritone, Argentina, Via Po, Corso Vittorio, Francia, Cinisello Balsamo, Monza, Brescia - a scelta. E qualsiasi marciapiedi o portico urbano, o primo piano di condominii, o giardino dove giocuzzano infanzie pallide insaccate di zuccheri. Il Grande Smog è dovunque ed è inseparabile ormai dall’esistenza umana.
Cittadini, dicevo. La venerabilità di questa parola è finita in qualche splendore di stanza piastrellata dove abbiamo imparato a disimparare che il luogo più comodo della casa aveva nome cesso. Ci potremmo esaltare, cittadinamente, ancora come per un assedio cartaginese o di baliste romane quando lo scopo legittimo, l’ultima frontiera, ha nome Ambiente, e il bisogno sociale immediato e più importante è allontanare un poco il tremendo sedere dell’Incubo di Füssli da polmoni e stomaco di milioni di tassati a vuoto che ignorano l’appello alla ribellione civile che nel crudele incalzante S.O.S. ambientalista risuona?
Può coagulare energie di cittadini l’umile dovere di deporre rifiuti secondo ordini prescritti, di prendere una bici invece della makkina, di non comprarla subito al neomaggiorenne, di non clacsonare demenzialmente nei centri intasati, di rinunciare a camere riscaldate fino al trentesimo grado? O (quale scelta eroica!) rinunciare a tenere aperta ad ogni costo una fabbrica che regala tumori?
C’è da riflettere su questo emergere di un pensiero: la Città, la polis, è disposta (credo oggi ancora) a battersi se c’è un vero Annibale munito di elefanti fenici alle porte, ma inventa scuse per defilarsi se si tratta dei teneri bronchi che ne popolano i passeggini. Così, per lo smog di Buenos Aires, la plaza de Mayo rimane muta.
Da richiamare anche un pensiero del grande Cornelius Castoriadis: «Se i cittadini sono senza bussola lo si deve al logoramento, alla decomposizione, all’usura senza precedenti dei significati sociali immaginari. Nessuno sa più, oggi, che cosa sia essere cittadino; ma nessuno sa più che cosa sia essere un uomo, o una donna; nel dissolversi dei ruoli sessuali, questi sono significati perduti».
Paradossalmente, il problema ambientale investe la totalità uomo. È da branchi accecati ritenerlo marginale e di fatto destinarlo al cesso - privato e globale.
Deplorazione per i Comuni che non hanno voluto allinearsi con i sindaci di Torino e di Milano. Si tratta di sussulti di una vivibilità sociale in pericolo: disertare è brutto. Più che sul risultato pratico del gesto, il tasto da premere è il pur sempre educativo e necessario accrescimento della consapevolezza.
di Guido Ceronetti; LA STAMPA