giovedì 24 febbraio 2011

Niente paura

Basta volerla ascoltare

Esiste davvero. E’ una voce dentro di noi. Più forte dell’ignavia, della paura e persino del cinismo. Usa parole diverse, ma ripete sempre la stessa frase: fai la cosa giusta. L’ha ascoltata il signor Antonio, ex vigile vicentino che da quando è in pensione si piazza ogni giorno a gambe divaricate davanti alla scuola del suo paese per regolare lo sciame degli alunni in uscita. Una macchina-squalo non rallenta e punta un piccolo naufrago in mezzo alle strisce. Il signor Antonio non ha tempo di pensare, solo di sentire. Balza addosso al bambino e lo spinge via. Così però è lui a rimanere alla mercé dello squalo, il cui muso metallico lo catapulta verso il cielo. Il corpo del vigile in pensione ricade sull’asfalto venti metri più in là. Ecco uno di quei martiri laici che bisognerebbe onorare.

La voce del cuore parla a tutti, a tutte le latitudini, a tutte le età. Dal Veneto alla Calabria, in una scuola di Catanzaro dove la preside impugna il regolamento come un batacchio e vieta a uno studente disabile di partecipare alla gita di classe. Ordina addirittura ai suoi compagni di tacergli la data del viaggio. Ma uno di loro sente la voce pulsare dentro di sé e risponde alla preside: se lui non può andare in gita, allora non ci vado nemmeno io. Uno dopo l’altro, i compagni gli fanno eco: nemmeno io, nemmeno io, nemmeno io. E adesso andiamo pure a leggere gli articoli che parlano di sangue, miserie e intrighi. Ma quella voce esiste. Basta volerla ascoltare.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

Niente bunga bunga

Salta il concerto di Apicella in programma il 10 marzo agli Arcimboldi di Milano per la prevendita flop: un (1!) solo biglietto venduto. Ecco, chiederei alla magistratura di aprire un fascicolo per indagare sull'identità del misterioso acquirente, perché contemporaneamente si parlava di un tutto esaurito ad Arcore.

martedì 22 febbraio 2011

Ah, dimenticavo

Siccome del maiale non si butta via nulla, anzi, ci tengo a precisare una volta per tutte che, a parte gli articoli e le vignette facilmente rintracciabili, molte ideuzze sono attinte da phonkmeister.com.

...Ma pericolosi

...Divertenti

sabato 19 febbraio 2011

Gli ignoranti (e forse è pure un complimento)

Viva l'Italia (ma sul serio)!!!

Sventurato il Paese che ha bisogno di eroi, diceva Brecht. Si potrebbe dire sventurato anche il Paese che ha bisogno di comici: c’è voluto Roberto Benigni per risvegliare l’amore per l’Italia in un popolo che sembrava guardare alla propria patria senza emozione, senza stupore e quindi senza coglierne la bellezza. In tutto il mondo ammirano la nostra storia, la nostra cultura, la nostra arte, le nostre meraviglie naturali e anche tanti aspetti del nostro carattere. Per noi tutto questo scivola via come un qualcosa di acquisito e quindi di dovuto: ci soffermiamo sui nostri difetti (e quale popolo non ne ha?), ci diciamo che se c’è qualcosa che ci contraddistingue questa è la nostra cialtronaggine.

Il vecchio vizio dell’autodiffamazione dai film di Alberto Sordi (che con la sua satira confermava però il genio italiano) è diventato carne e sangue in tanta parte di popolo.
E soprattutto, ahimè, in tanta classe dirigente. Ma in quale Paese al mondo la politica si sarebbe divisa sull’opportunità o no di festeggiare un centocinquantesimo anniversario?
Il governo ha varato solo ieri il decreto che fa del 17 marzo una festa nazionale, dopo tante esitazioni da Sor Tentenna. E non è azzardato pensare che a dare la sveglia ci sono voluti Benigni e il festival di Sanremo. L’avete sentito Benigni quando, facendo l’esegesi della prima strofa - Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta - ha sottolineato il verbo destarsi? «Destiamoci, svegliamoci», ha quasi gridato. Difficile anche pensare che in Consiglio dei ministri non abbiano tenuto conto dei dati sugli ascolti: Benigni ha avuto un picco di 19 milioni 737 mila spettatori, e quando ha finito di cantare l’inno lo share era un mostruoso 65,6 per cento.
Ci sono voluti dunque Benigni e Sanremo per dare la sveglia, ma qualcuno s’è svegliato male. La Lega s’è opposta alla festa. Anzi, chiamiamo le cose con il loro nome: quella della Lega non è un’opposizione. Un’opposizione, così come ogni idea diversa, ha sempre diritto di cittadinanza, e si può dissentire anche su una festa nazionale. Ma chiamarla «follia», quindi dare del pazzo a chi vuole celebrare la nascita dell’Italia unita, non è un’idea diversa: è un qualcosa che si qualifica da sé e che qualifica anche chi lo esprime.

Se questo è il livello di chi ci governa, un livello purtroppo in linea con quello di tanti animatori del cosiddetto dibattito culturale, non stupisce che sia un comico a poter vestire legittimamente i panni del nuovo maestro nazionale. Negli anni Benigni ci ha raccontato l’orrore delle leggi razziali, la bellezza della nostra letteratura, perfino la profondità del senso religioso (ricordate come parlava della Madonna rileggendo Dante?), infine l’eroismo con cui i nostri fratelli del passato hanno dato la vita per un’Italia libera dal giogo straniero. E’ stato insieme maestro di storia e cantore delle passioni che di generazione in generazione hanno costituito ciò di cui oggi siamo fatti.

Ha riempito un vuoto, ed è totalmente fuori strada chi vuol fare di lui un interprete di parte. Benigni è un uomo di sinistra e non lo ha mai nascosto. Ma la sua lectio magistralis non ha nulla a che spartire con la desolante faziosità che ha contagiato da tempo politici e intellettuali sempre schierati a priori, mai disposti a riconoscere la realtà se la realtà non coincide con il proprio interesse. Benigni non è uomo che divide per chi lo guarda con occhi onesti. Giovedì sera, appena terminata la performance di Benigni, il ministro La Russa - che non è certo un uomo di sinistra - è andato a dar la mano al direttore artistico del festival, Gianmarco Mazzi: e in quel gesto, fatto in un silenzio che è parso solenne, è sembrato di vedere un sincero ringraziamento per quel che Sanremo aveva regalato agli italiani.

Benigni sa far ridere e sa far piangere, e chi sa far ridere e far piangere tocca le corde più profonde dell’umano. Un altro grande dello spettacolo, Mogol, non ha avuto torto ieri in conferenza stampa ad accostarlo a Chaplin, e a dire che l’altra sera Benigni ha risvegliato un sentimento di amor patrio che non era morto, ma solo sopito.

Accanto al viva l’Italia dell’altra sera sale dal cuore anche un viva Benigni, comico e maestro. E suscita speranza vedere anche comici più giovani come Luca e Paolo. A chi rimproverava loro di aver letto un brano di Gramsci, e quindi di un uomo di parte, Luca e Paolo hanno risposto che uno degli autori che hanno suggerito quel brano è di Comunione e Liberazione, non un comunista: a dimostrazione che per chi ragiona senza pregiudizi conta più la sostanza di un testo che la persona che l’ha scritto.

I comici volano più alto di chi dovrebbe guidarci per ruolo istituzionale. Ma forse questa, più che una sventura, è un’altra testimonianza di quanto siano infinite le risorse di un Paese che qualcuno non vorrebbe celebrare.

di Michele Brambilla; LA STAMPA

giovedì 17 febbraio 2011

La giustizia efficente (sì, senza la i)

Nella primavera del 2007, a Palermo, un alunno di scuola media aveva canzonato un compagno, dandogli simpaticamente del finocchio e facendolo simpaticamente piangere davanti a tutta la classe. La vecchia professoressa di lettere si era accanita contro il mattacchione e, anziché spedirlo ai provini di «Amici», lo aveva messo dietro il banco a scrivere cento volte sul quaderno «io sono un deficiente». Lui aveva scritto cento volte «deficente» senza la i, dimostrando così di avere le carte in regola per sfondare non solo in tv ma anche in Parlamento. Poi era corso a lamentarsi da papà, che di fronte all’affronto intollerabile inferto al ramo intellettuale della famiglia aveva denunciato la prof ai carabinieri, non prima di averle urlato in faccia: «Mio figlio sarà un deficiente, ma lei è una gran c...».

C’è voluto del tempo per ottenere giustizia, però ieri alla fine l’aguzzina è stata condannata: un anno di carcere con la condizionale per abuso di mezzi di disciplina, nonostante l’accusa avesse chiesto solo 14 giorni. Che vi serva da lezione, cari insegnanti. La prossima volta che un alunno umilierà un compagno di fronte a tutti, aggiungete al coro il vostro sghignazzo e non avrete nulla da temere. A patto che l’umiliato non si impicchi in bagno, come altre volte è accaduto, perché allora vi accuseranno di non aver saputo prevenire la tragedia. E il simpatico umorista di Palermo finalmente vendicato? Lo immaginiamo ormai cresciuto, tutto suo padre, intento a scrivere cento volte sul quaderno «io sono intelligiente» e stavolta senza dimenticare la i.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

Lo statista

http://www.youtube.com/watch?v=XskrKldYisA

mercoledì 16 febbraio 2011

Ops

Ci avete fatto caso, quanti idioti passeggiano per le nostre strade: troppo lenti, sbadati, gli occhi incollati allo schermo del telefonino, la testa altrove mentre ascoltano musica dagli auricolari? Attenzione però: se evocare questi comportamenti vi riaccende ricordi esasperanti e collere represse, potreste essere affetti dalla Sindrome dell'Aggressività Pedonale. Per molti decenni gli psicologi americani hanno studiato un fenomeno analogo tra gli automobilisti. Essere chiusi nell'abitacolo in mezzo a un ingorgo, può trasformare in mostri persone altrimenti normali. La "road rage", letteralmente rabbia stradale, miete vittime ogni anno e ha fatto nascere i corsi di "anger management" o controllo della collera. Ora sta accadendo lo stesso tra i pedoni.

La "rabbia da marciapiede" dilaga. Un po' è colpa dei nuovi gadget elettronici che monopolizzano la nostra attenzione anche nei momenti più inadatti. Così come i guidatori distratti dal telefonino provocano stragi, anche i pedoni sono sempre più spesso coinvolti in incidenti perché guardano altrove. Ma gli esperti del Department of City Planning di New York hanno individuato anche altre cause. Nelle metropoli sempre più multietniche convivono dei "codici culturali di buona educazione" troppo diversi tra loro: il comportamento "civile" che io pretendo dagli altri pedoni non è necessariamente quello che loro si aspettano da me. Infine pesano fattori demografici o sanitari: aumentano gli anziani, e gli obesi. Tutte categorie che camminano più lentamente. Lo stesso ufficio della pianificazione urbana di New York ha misurato su un campione di 8.978 pedoni sui marciapiedi di Manhattan le diverse velocità di crociera. Si va da un massimo di 1,35 metri al secondo per chi sta raggiungendo il luogo di lavoro (con punte di 1,40 per chi lo fa ascoltando musica: sarà il ritmo che galvanizza) fino al minimo degli anziani la cui falcata in media vale 1,11 metri al secondo. I turisti sono penultimi per lentezza, a parità con i sovrappeso.

Velocità così disparate creano le premesse di un conflitto permanente: chi ha fretta deve dribblare chi passeggia a zonzo, e anticipare i comportamenti più erratici per evitare lo scontro. In una metropoli intasata di folle camminanti come Manhattan, è nato perfino un club di pedoni ultra-veloci raggruppati su Facebook sotto il titolo "Segretamente Vorrei Prendere a Pugni sulla Nuca Quelli che Camminano Piano". Ma c'è poco da ridere: l'insofferenza da marciapiede sta moltiplicando episodi che gli psichiatri chiamano "patologia dell'accesso di collera intermittente". La violenza è dietro l'angolo. O comunque si rischia di aggiungere stress allo stress, se il marciapiedi diventa un luogo dove si accumulano piccoli sgrabi, sorde ostilità, rancori verso l'altro.

Il serissimo Wall Street Journal lancia l'allarme con un'inchiesta dal titolo evocativo: "Togliti di mezzo, pezzo di m...". Cita lo psicologo Jerry Deffenbacher, docente alla Colorado State University, secondo il quale "è urgente capire i fattori scatenanti della rabbia, e aiutare a padroneggiarli". Un altro psicologo, Leon James dell'università delle Hawaii, ammette di essere diventato un esperto della materia in quanto "pentito". Abitando a Honolulu, una città perennemente invasa dai turisti, James subìva una tortura simile a quella dei veneziani che debbono dribblare la marea dei turisti per non arrivare in ritardo ad ogni appuntamento. "Percepivo i marciapiedi come una mia proprietà, avanzavo come un carrarmato e peggio per chi mi bloccava il passaggio", ricorda James. Dopo aver domato il male, oggi è lui ad avere definito i quindici sintomi della Sindrome dell'Aggressività Pedonale: un elenco di piccoli gesti ostili come tagliare la strada o strisciare senza chiedere scusa, che devono far suonare un campanello d'allarme. Curarsi è essenziale "perché la collera è causa d'ipertensione e malattie cardiache". Tanti piccoli trucchi possono aiutare: per esempio "allargare lo sguardo come un grandangolare, abbracciare l'orizzonte, per studiare in anticipo e con calma le strategie di sorpasso dei più lenti". Bei tempi lontani, quando in Giappone s'insegnava addirittura a scuola come inclinare nei giorni di pioggia l'ombrello per far cadere le gocce in senso opposto ai passanti, o il galateo dei nostri nonni comandava di cedere sempre alle signore la parte interna e più sicura del marciapiedi.

di Federico Rampini; la Repubblica

Aggiornamenti... nonostante tutto

martedì 15 febbraio 2011

Sì no però dipende

Sei favorevole a che un single possa adottare un bambino, come auspicato dalla Cassazione? Risponderò con la consueta chiarezza: sì no però dipende. Sono stato cresciuto da un genitore solo, maschio per giunta, ma a partire dai nove anni: prima avevo ancora la mamma ed è nel periodo dello svezzamento, asseriscono gli psicologi, che la presenza di entrambi ha un ruolo cruciale. Se fossi nato ieri, non mi farebbe impazzire l’idea di un genitore unico, che fra l’altro non vedrei quasi mai perché sarebbe costretto a lavorare dal mattino alla sera per mantenermi (come le coppie, peraltro, in virtù del poco part-time e dei bassi stipendi). Se però l’alternativa fossero l’orfanotrofio o la strada, sarei felicissimo di finire fra le braccia di un single, alleviando la mia e la sua solitudine.

È ovvio che il mio aspirante mono-genitore dovrebbe partire dal fondo della lista d’attesa, dentro la quale si macerano da tempo immemorabile tantissime coppie. E i filtri che subordinano la mia assegnazione alle sue cure dovrebbero essere più selettivi, ben sapendo che rimarrebbe comunque una percentuale di rischio, perché neppure un congresso di assistenti sociali potrà mai misurare con certezza la sua predisposizione ad amarmi. Come sempre in materia di diritti civili, non si tratta di stabilire un obbligo, ma di togliere un divieto. Non di concedere un privilegio, ma di offrire una possibilità. In un mondo dove la scienza, più rapida e classista della legge, consente già a un single che ne abbia i mezzi economici di fabbricarsi il suo pupo su misura.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

domenica 13 febbraio 2011

Impressioni

Partyamo il 17 marzo

REPVBBLICA ITALIANA

MINISTERO DELL’INTERNO

Roma, 11 febbraio 2011

Al profilo Facebook di tutti gli Illustrissimi Sig.ri Prefetti

Oggetto: megasuperparty X festeggiare l’unità nazionale!!!!!!!!!!!

Ciao tesori!!!

In relazione al megaparty X i festeggiamenti ke prima eravamo tanti paesi diversi e poi, grazie a Gary Baldi, siamo diventati 1 paese solo ttt unito, si rikorda ke la giornata del 17 marzo i pubblici uffici le skuole sono kiusi!!!!!!!!!

(MARCEGALLIA VACCI TU A LAVORARE!!! :D :D )

Si rakkomanda xtanto di verificare ke i bidelli kiudano bene le porte! ;) ))))

X ciò ke attiene alla festa, si rikorda ke:

1) La serata inizierà con 1 Eppy Auar (o ape) a base di moiti & kapirosche c/o (ke vuol dire presso) il BAR COLLO, P.iazza Venezia, Roma (da non konfondere con il BAR OMETRO, P.iazza Roma, Venezia) alle ore 18.00. Si rakkomanda la puntualità;

2) MUSIKA MUSIKA MUSIKA!!!!!!!!!!! è obbligatoria la presenza di una banda musikale ke esegua i seguenti brani (o canzoni): “Italia Italia”, di M. Reitano; “l’Italiano”, di T. Kotugno; “Waka Waka”, di Sciakira; “Notizia è l’anagramma de mio nome”, di Tizy Ferro.Vietato suonare cose noiose, no inno, no Mameli, sì schiuma party.

3) E’ ftto divieto di introdurre al party: mignotte; cani; cocaina (soprattutto cani). E’ inoltre vietato tokkarmi tramite pakke sulla spalla X iniettarmi le sostanze della morte e/o le droghe che ti fanno dire la verità anke se tu vuoi dire le bugie (lo diko xkè lo so ke QUELLA XSONA KE TUTTI SAPETE KI E’ mi droga quando nn me me accorgo).

4) Siete ttti invitati!!!!! Spero ke ki non viene krepi kon ttte le sue troie.

Allora ci vediamo stase!! Ciao!!!!!!1!

Il Ministro dell’Interno
Dott.ssa Sara Tommasi ♥♥♥

Da saurosandroni.com

giovedì 10 febbraio 2011

In piazza contro...

Anch’io domenica scenderò in piazza contro chi disprezza il corpo e l’anima delle donne. E cioè contro i vecchi bavosi che le riducono a gingilli. Contro gli arrivisti che le utilizzano come merce di corruzione presso i potenti. Contro le ragazze che si vendono, spacciando la loro bramosia di denaro e di fama per libertà. Contro i genitori disposti ad accettare l’idea umiliante che la carne della propria carne diventi strumento di carriera. Contro chi pensa che non esista una via di mezzo fra il burqa e il bunga bunga e invece esiste: chiamiamolo burqa bunga, oppure dignità. Contro i pubblicitari che da trent’anni riempiono di seni & sederi le tv e i muri delle nostre città per promuovere prodotti (telefoni, gioielli, giornali di sinistra) che nulla c’entrano con la biancheria intima. Contro le tante signore «impegnate» che hanno accettato questo insulto senza protestare. Contro gli autori televisivi che hanno ridotto il vestito delle ballerine a un filo interdentale, imponendo al Paese un’estetica trucida e volgare. Contro gli autori televisivi che hanno fatto la stessa cosa, ma sostenendo che si trattava di una forma sottile di ironia, mentre di sottile c’era solo la gonna. Contro chiunque considera il corpo delle donne un fatto pubblico, quando invece è un bene privato da esibire soltanto a chi si vuole, e nell’intimità. Contro i giornali e i siti «seri» affollati di culi & sederi. E contro coloro che se ne lamentano, ma intanto cliccano lì.

In fondo domenica scenderò in piazza un po’ anche contro me stesso.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

venerdì 4 febbraio 2011

Babbo Bossi

Sultani imparziali

Dopo attente riflessioni, la commissione incaricata di ridurre il numero dei consiglieri regionali siciliani da 90 a 70 ha deciso di soprassedere, «ben altri» essendo i problemi dell’isola. Non che abbia minimamente influito, ma per la completezza dell’informazione gioverà aggiungere che la commissione era composta dai consiglieri regionali medesimi. Il loro senso di responsabilità è al di sopra di ogni sospetto: di recente si sono ridotti lo stipendio del 10%. E’ vero, se ne sono aggiunti un altro 10%, alla voce «aggiornamenti culturali». Ma la cultura è importante. Come i viaggi di lavoro, del resto: 490 mila euro l’anno. E però non di sola cultura e di soli viaggi vive l’uomo. Così l’Assemblea regionale ha posto fine allo scandalo del ristorante interno, dove un pasto completo costava 11 euro. Il menu è stato raddoppiato (classico ed etnico), e il conto ridotto a 9. C’è poco da ridere: anche un risparmio di 2 euro può aiutare il bilancio familiare di persone che ne percepiscono appena 19.400 al mese, lordi.

Qualche lettore si starà domandando come mai i cittadini siciliani accettino questo scandalo finanziato dalle loro tasse (per inciso anche dalle nostre) senza ribellarsi. L’indole fatalista? Forse. Ma soprattutto il clientelismo: Palermo ha oltre ventimila dipendenti comunali. Per pagare i quali, a gennaio, il sindaco ha dovuto attingere ai fondi inviati da Roma per togliere la spazzatura dalle strade. Ventimila dipendenti, in effetti, sono un po’ troppi. Andrebbero ridotti, ma niente paura: se ne occuperà la prossima commissione.

di Massimo Gramellini; LA STAMPA

giovedì 3 febbraio 2011

Disperazione

Dal vivo

Aiuto! Aiuto! Nessuno andrà più nei musei!, potrebbe venir voglia di dire dopo aver sentito che Google metterà in rete più di mille immagini, tanto per cominciare, dei capolavori dell’arte esposti nei grandi musei del mondo ad altissima definizione.

Viene da pensare a quando fu possibile cominciare a vedere i film a casa con il videoregistratore. Nessuno andrà più al cinema si disse. Ma non fu così. Quindi la gente continuerà ad andare nei musei? Sicuramente sì. Lo dice anzi proprio in una sua dichiarazione Nelson Mattos, capo della divisione di ricerca di Google Art Project, i capolavori in rete. Mates dice: «La prima volta in un grande museo ci sono stato quando studiavo all’estero: ricordo ancora l’emozione di gironzolare per quelle sale».

Ecco, l’emozione di quel gironzolare, anche se il computer ci prova in tutti modi, non potrà mai essere sostituita dalla tecnologia. Così come le sensazioni di trovarsi in una sala buia in mezzo a tanta altra gente a condividere l’emozione del grande schermo cinematografico non sono mai state sostituite da nessun Vhs, dvd o film scaricato dal computer. Nessun sistema acustico super digitalizzato e perfetto potrà mai sostituire l’emozione di ascoltare un’opera a teatro.

Così come, senza voler fare troppo i colti, nessuno schermo al plasma, per quanto grande sia, potrà sostituire l’emozione di essere allo stadio a tifare per la propria squadra o sulle gradinate di Wimbledon durante la finale tra Federer e Nadal. La tecnologia è fantastica e sicuramente cambia il nostro modo di guardare la realtà, ma tuttavia non riesce a mutare il modo in cui ci emozioniamo nella realtà. Perché l’emozione è anche una questione di scala. Possiamo ammirare le più belle fotografie del Grand Canyon o del Cervino, ma quando siamo lì la maestosità del paesaggio produce un’emozione irripetibile. Possiamo osservare ogni cretto, ogni pennellata, ogni piccola linea di un famoso dipinto, ma esserci fisicamente davanti è un’altra cosa. Davanti alla grandissima bellissima tela di Paolo Veronese «La cena in casa Levi» all’Accademia di Venezia, l’emozione è ben diversa che vederla sullo schermo di un computer, anche se magari lì si possono vedere dettagli che ad occhio nudo ci sfuggono.

Vale la stessa cosa anche per opere piccole come le tele di Vermeer. In questo caso l’intimità dell’opera può essere goduta solo trovandosela davanti. I dettagli non sono di solito quello che gli artisti vogliono darci. L’artista, grande o piccolo che sia, vuole comunicarci nel modo più immediato possibile una sua emozione, un suo pensiero. E’ il romanzo nel suo insieme che ci appassiona, non le sue parole prese singolarmente, anche se poi un linguista potrà analizzarle una per una. Così per un quadro. Non è la singola pennellata, ma l’insieme delle sue pennellate che lo rendono forte, emozionante, bello o brutto a seconda dei gusti e delle intenzioni dell’autore.

Google potrà farci entrare sotto il colore di un quadro anche attraverso le più piccole crepe, come quel film dove i personaggi, rimpiccioliti, viaggiavano dentro il corpo umano. Ma come loro non potevano esplorare pensieri e idee della persona dentro la quale stavano viaggiando, così anche noi non potremo mai avere attraverso l’immagine digitale quell’esperienza unica che solo «gironzolando» fra le sale di un museo potremo avere, consentendoci d’imbatterci in capolavori che pensavamo di stra-conoscere attraverso le loro riproduzioni, ma che una volta che ce li troviamo davanti in carne e ossa, come un famoso attore che incontriamo al bar, capiamo essere qualcosa, se non di completamente diverso, sicuramente di molto più profondo e unico, o forse magari ne rimarremo delusi aspettandoci invece quel qualcosa di più che la tecnologia, forse con troppo zelo, aveva svelato e che invece, nella mente dell’artista, doveva rimanere nascosto.

di Francesco Bonami; LA STAMPA