martedì 8 giugno 2010

Il cecchino

Se c'è uno straniero all'Italia è il leghista Calderoli e non certo l'interista Moratti. I ministri leghisti non vanno alla festa della Repubblica, ma il ministro Calderoli pretende dall'Inter quell'italianità che non rispetta. Il figlio di Bossi proclama che non tiferà per l'Italia ai mondiali, ma il rinnegato è Moratti che schiera una formazione internazionale (Inter) perché vuole vincere, perché vuole che sia italiana la squadra più forte d'Europa. Le squadre di calcio onorano la bandiera proprio perché sono industrie multinazionali, come il cinema, come l'editoria, come le grandi compagnie aeree - Air France per citarne una per tutte - che pure hanno marchi patriottici. Con lo stesso criterio le banche e le società di assicurazioni dovrebbero fallire pur di non accettare partecipazioni straniere e salvaguardare così l'integrità italiana del loro Dna capitalistico. Per non parlare degli istituti di ricerca: a nessuno viene in mente che il mitico Mit di Boston non sia americano perché è pieno di studiosi pachistani, indiani, europei, cinesi e anche italiani. Come si vede l'ultima sparata di Calderoli non è meno ridicola di tutte le sue altre sparate. Sbaglieremmo però a sottovalutarla e basti pensare al porcellum, la legge elettorale che rimane in vigore nonostante il perfetto nome datogli dal suo autore. Il puntoè che mandano avanti Calderoli ogni volta che si sentono persi, quando c'è da fare demagogia caricaturale, quando il dramma diventa irreversibile e non si può fare altro che ridere. Dopo le magliette sull'Islam, i comizi contro i culattoni, le ingiurie ai vescovi parassiti, l'incitamento a far pipì sulle moschee..., adesso tocca ai calciatori strapagati, a Moratti il petroliere e agli stranieri che giocano nell'Inter. Il governo impone sacrifici agli statali che sonoi più deboli, non hanno mercatoe molti di loro sono già proletarizzati come gli insegnanti, ma la colpa non è del presidente del Consiglio o del ministro del Tesoro i quali, come ha scritto ieri Eugenio Scalfari ricordando Giorgio Amendola, «fabbricano castelli con la sabbia asciutta». La colpa ce l'hanno i calciatori. Sono loro i responsabili della crisi economica, tanto più se sono stranieri, come Milito o Sneijder o Julio Cesar che giocano nella squadra «non italiana» del petroliere Moratti, aiutato dallo Stato nonostante sia un traditore della Padania. Insomma, per spostare l'attenzione sulla pesantezza della manovra, per farne dimenticare le iniquità, Calderoli apre un dibattito populista e demagogico che purtroppo in Italia ha ancora un ascolto perché accende l'invidia sociale e risveglia, come un residuo ideologico, la vecchia idea che il danaro sia roba da farabutti, materia vile da trattare di nascosto. Certo, Calderoli esclude Berlusconi dalla categoria dei ricchi perversi, è l'alleato affidabile dell'uomo più potente e più danaroso del Paese che usa lo Stato per favorire le aziende di famiglia, ma addita il reprobo assistito e profittatore nel petroliere Moratti, sostenuto dal "Cip 6", un provvedimento economico che fu abolito da Prodi e ripristinato da Berlusconi, un incentivo non solo per gli inceneritori ma anche per le raffinerie che sono la forza del gruppo Moratti. Ebbene, se davvero il "Cip 6" è iniquo, il governo abbia il coraggio e il buonsenso di abolirlo. Ma che cosa c'entrano gli stipendi dei calciatori? E che cosa c'entra la loro etnia? Purtroppo Calderoli sa che gli italiani sono sensibili alla demagogia degli stipendi. E la usa per ricavarne profitti politici. In apparenza spregiudicati, molti italiani ancora pensano che far soldi imbruttisca e sporchi. Dunque pagare molto un campione sarebbe una maniera di corromperlo asservendolo. Perciò Calderoli lancia l'idea del calciatore francescano, angelo d'Italia, che si autoriduce l'ingaggio «devolvendolo- ha proposto-a titolo onorifico», eroe della povertà nazionale che, come si diceva una volta, dona l'oro alla patria. E invece è vero il contrario. I campioni sono investimenti economici obbligati da un mercato, ovviamente internazionale, dove più cresce la bravura più cresce il compenso. Perché il brasiliano Maicon, che ha la nostalgia nel sangue, dovrebbe giocare nelle nebbie padane, piuttosto che nel Real Madrid, se non per danaro? Solo qualche voltai calciatori diventano conflitto di interesse come è stato nel caso del Milan utilizzato da Berlusconi alla vecchia maniera di Lauro. Don Achille "o comandante" - chi non lo ricorda? - comprò a fini elettorali, per la cifra a quel tempo record di 105 milioni, un centravanti svedese di nome Jeppson che fu poi soprannominato «il Banco di Napoli». Un tempo erano i cattivi maestri del comunismo a sostenere che il calcio, come la religione, era l'oppio dei popoli, ora sono Calderoli e Berlusconi che usano il pallone per narcotizzare gli italiani: Berlusconi servendosene, quando ancora riusciva a vincere tutto, a fini di popolarità e di consenso politici, e Calderoli per mascherare le malefatte del governo. Oggi che non vince più, Berlusconi si traveste da moralizzatore e in nome - pensate! - dell'etica dell'impresa serra i cordoni della borsa. E Calderoli lancia una "fatwa padana": non prendetevela con noi che vi congeliamo i vostri poveri stipendi ma insorgete contro i plutocrati del calcio che coprono d'oro i loro campioni (di razza impura). Due parole infine sugli stipendi della Rai che non solo Calderoli vuole tagliare. Qui il mercato c'entra poco. La Rai è un servizio pubblico gestito dai partiti e purtroppo le retribuzioni di dirigenti, funzionari, conduttori e direttori rientrano fra i costi della politica. Si tratta sostanzialmente di sottosegretari all'informazione, il cui valore non è mai misurato dal mercato. Essere bravo non è decisivo. Quel che conta è l'appartenenza che spesso è servilismo politico. Anzi la bravura è un handicap. Nessuna logica di mercato giustifica Minzolini alla direzione del Tg1. E nessuna logica di mercato giustifica il licenziamento di Mentana da Canale 5. Rimane vero che impoverire la Rai significa agevolare ulteriormente Mediaset. Ma, come si vede, siamo nel cuore del pasticcio italiano che non è governato dalle stesse logiche competitive che regolano il calcio in Italia come altrove. Nel calcio siamo cittadini del mondo. Alla Rai siamo Strapaese, esagitati tifosi di curva, sempliciotti e feroci come il leghista Calderoli.

di Francesco Merlo; la Repubblica

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